Accordi “pay for delay” e concorrenza: linee guida della CGUE

Con sentenza del 30 gennaio 2020 (causa C-307/18), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è espressa in materia di accordi di composizione amichevole delle controversie tra produttori di farmaci originali titolari di brevetti e produttori di farmaci generici, fornendo dei criteri di valutazione degli stessi e della loro portata anti-concorrenziale.

La sentenza offre quindi dei chiarimenti importanti sulla liceità o meno, da un punto di vista concorrenziale, delle intese fra originator e genericisti che hanno quale fine quello di ritardare il lancio sul mercato di alcuni medicinali equivalenti, a fronte di un pagamento da parte dei produttori dei farmaci originari (accordi cd. pay for delay). Talvolta, come nel caso esaminato nella sentenza in questione, tali intese sono comprese nell’ambito di accordi transattivi volti a trovare una soluzione amichevole di controversie brevettuali.

In particolare, la CGUE si è pronunciata, in via pregiudiziale, nell’ambito di una causa iniziata dalla società originator GlaxoSmithKline (“GSK”) e da alcuni produttori di farmaci generici contro la decisione dell’autorità di concorrenza inglese con la quale quest’ultima aveva accertato l’esistenza di accordi “pay for delay” aventi ad oggetto il medicinale antidepressivo contenente il principio attivo paroxetina.

Il brevetto della GSK sul principio attivo era scaduto, ma non i suoi brevetti secondari sui processi di fabbricazione e su una particolare formulazione della paroxetina. Ed era infatti su questi ultimi brevetti che i produttori di medicinali generici avevano intentato alcune cause di nullità (con conseguenti azioni di contraffazione della GSK). Le parti avevano posto fine a tali controversie mediante accordi transattivi che erano stati qualificati appunto dall’autorità di concorrenza inglese come intese anti-concorrenziali, nonché come abuso di posizione dominante ai sensi della normativa nazionale, nonché degli artt. 101 e 102 TFUE.

Come noto, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno. Per essere sanzionati, tali accordi devono pregiudicare in modo sensibile il gioco della concorrenza nel mercato interno.

Partendo da tale presupposto, la CGUE ha chiarito che, ai sensi dell’ art. 101 TFUE, sono in situazione di concorrenza potenziale un originator titolare di un brevetto di processo di fabbricazione di un principio attivo ed i produttori di farmaci generici che si apprestano a entrare nel mercato del medicinale contenente tale principio attivo quando può essere dimostrato che il genericista ha effettivamente la determinazione definitiva nonché la capacità propria di accedere al mercato e che non deve affrontare particolari ostacoli insormontabili per accedere.

Inoltre, la CGUE ha affermato che gli accordi pay for delay” sono qualificabili come “restrizioni per oggetto” della concorrenza   “se dall’insieme degli elementi disponibili risulta che il saldo positivo dei trasferimenti di valori del produttore di farmaci originari a favore del produttore di medicinali generici trova spiegazione unicamente nell’interesse commerciale delle parti dell’accordo a non esercitare una concorrenza fondata sui meriti, a meno che l’accordo di composizione amichevole interessato non sia accompagnato da comprovati effetti favorevoli per la concorrenza, tali da far ragionevolmente dubitare del suo carattere sufficientemente dannoso nei confronti della concorrenza”. Pertanto, qualora tali accordi siano in grado di sufficientemente danneggiare la concorrenza, in modo tale da rendere superfluo l’esame degli effetti, saremo in presenza di restrizioni per oggetto.

Gli accordi di composizione amichevole di una controversia sono altresì vietati qualora, pur non avendo un oggetto anti-concorrenziale, abbiano un effetto sensibile sulla concorrenza. Per la CGUE, la dimostrazione dell’esistenza di effetti sensibili potenziali o reali sulla concorrenza di un accordo transattivo e, pertanto, la sua qualificazione di “restrizione per effetto”, non necessita che sia accertato che, in assenza dello stesso, il genericista avrebbe probabilmente vinto il procedimento relativo al brevetto in questione, o che le parti avrebbero probabilmente concluso un accordo meno restrittivo.

Per quanto riguarda l’abuso di posizione dominante, la CGUE ha sostenuto che per verificare la sussistenza di tale abuso ai sensi dell’art. 102 TFUE, nell’ambito degli accordi “pay for delay” “occorre prendere in considerazione, ai fini della definizione del mercato di prodotti interessato, non solo la versione originaria di tale farmaco, ma anche le versioni generiche dello stesso, anche se queste ultime potrebbero non essere in condizioni di accedere legalmente al mercato prima della scadenza di detto brevetto di processo, qualora i produttori di medicinali generici interessati siano in grado di fare ingresso nel mercato di cui trattasi in tempi brevi e con forza sufficiente a costituire un serio contrappeso al produttore dei farmaci originari già presente su tale mercato (…)”.

La CGUE ha quindi affermato che gli accordi “pay for delay” costituiscono un abuso di posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, nel caso in cui siano stati conclusi per limitare la concorrenza ed in particolare con l’unico obiettivo di precludere ai produttori di farmaci generici un accesso effettivo sul mercato.

La sentenza in esame fornisce pertanto delle indicazioni importanti per la valutazione ed analisi delle pratiche “pay for delay” e chiarisce moltissimi aspetti oggetto di numerosi dibattiti.