La Corte di Giustizia ed i limiti di protezione del software

Con la decisione emessa nella causa C-406/10 la Corte di Giustizia è intervenuta a chiarire quali sono i contenuti ed i limiti di tutela del software offerti dalla legge sul diritti d’autore. La sentenza è stata da più parti commentata come una decisione innovativa ma in realtà la Corte non ha fatto altro che ripercorrere esattamente il contenuto della direttiva ed affermarne i principi in essa espressi. Si afferma così che la protezione offerta dalla legge sul diritto di autore non si estende ai principi ed alle idee che sono alla base del programma ma riguarda soltanto l’espressione di tali idee nella forma in cui sono esteriorizzate. Pertanto, nel caso del software, oggetto di tutela è il codice sorgente ed il codice oggetto nella forma in cui sono stati scritti, non le funzionalità del programma. In conseguenza di ciò chiunque può studiare il programma altrui, esaminarlo e realizzare un programma che svolga esattamente le stesse funzioni a condizione che detto programma venga scritto in modo completamente diverso.

La parte interessante della decisione ci pare invece quella in cui la Corte afferma che la protezione mediante il diritto d’autore offre “uno spazio sufficiente a permettere ad altri autori di creare programmi simili, o perfino identici, purché essi si astengano dal copiare”. Ed aggiunge che “qualora un terzo si procurasse la parte del codice sorgente o del codice oggetto relativa al linguaggio di programmazione o al formato dei file di dati utilizzati nell’ambito di un programma per elaboratore e creasse, grazie a tale codice, elementi simili nel proprio programma per elaboratore, tale comportamento potrebbe costituire una riproduzione parziale”

Questa affermazione lascia supporre che la Corte ritenga possibile creare un nuovo programma solo se a ciò ci giunge a seguito dell’osservazione “esterna” del programma altrui ma non se vi si giunge attraverso una decompilazione del codice oggetto.

La Corte non si occupa invece della possibilità di tutelare il software anche attraverso il brevetto che, quando possibile, consente di tutelare il software in modo molto più ampio rispetto a quanto è previsto dalla legge sul diritto d’autore.