Ricorsi di urgenza, ma non sempre

Il processo per le liti in materia di brevetti, marchi, diritto d’autore deve essere per sua natura rapido ed efficace.

Chi subisce la violazione di un diritto in queste particolari materie non può attendere i tempi lunghi della giustizia perché la contraffazione può avere effetti devastanti a livello economico che non sempre possono essere risarciti dopo due o tre anni.

Per questo motivo lo strumento principe di difesa è il procedimento cautelare che è un procedimento di urgenza, con il quale si ottiene una pronuncia in tempi rapidissimi, anche in uno o due mesi, a volte di meno.

Questa rapidità nel decidere è dovuta ad una certa sommarietà dell’istruzione e dell’esame della causa, che non significa certo superficialità, ma esame alla luce degli atti  e della situazione che appaino “prima facie”.

Non è tuttavia infrequente che nel corso di questi procedimenti possa essere anche ordinata una CTU, ovvero una consulenza tecnica di ufficio, necessaria, magari, per stabilire se sussista o meno la contraffazione di un brevetto.

In caso di CTU i tempi si allungano ma comunque le decisioni vengono sempre emesse nell’arco di pochi mesi.

Intervenire rapidamente in caso di contraffazione è talmente importante che spesso l’urgenza (“periculum in mora”) viene ravvisata “in re ipsa” per il fatto stesso che ci sia una contraffazione in atto che mina le ragioni del titolare del brevetto, del marchio o del diritto d’autore.

Se questo è vero in termini generali evidentemente non può esserlo in termini assoluti o almeno così sembra per il Tribunale di Milano che ha respinto un ricorso cautelare a causa della eccessiva complessità della questione sottoposta al suo esame che non poteva essere compatibile con la celerità tipica di questo procedimento.

Il ricorso presentato al Tribunale aveva ad oggetto la lamentata decompilazione, non autorizzata, di un software che sarebbe avvenuta in violazione di un contratto intercorso tra le parti.

Il ricorso presentava una lunghezza di 143 pagine e le domande presentate erano circa 20, inclusa la richiesta di una CTU informatica. Oltre a questioni tecniche da esaminare vi erano anche complesse questioni di diritto che rendevano necessaria un’istruzione approfondita, l’eventuale chiamata in causa di terzi, ed un esame puntuale di  molteplici aspetti.

Alla luce di questo il Tribunale di Milano, con ordinanza del 2 Agosto 2017, ha respinto il ricorso stabilendo che

« Le problematiche in fatto e in diritto da esaminare unitamente alla complessità degli accertamenti istruttori e peritali da effettuare, come palesato dalla corposità delle allegazioni e delle argomentazioni della ricorrente medesima e dalle richieste da essa formulate, sono quindi incompatibili con la natura sommaria del giudizio cautelare»

Una decisione tranciante che fa riflettere anche se rappresenta piuttosto una rarità nel settore del diritto industriale nel quale il rito cautelare è ampiamente diffuso ed utilizzato anche per casi complicati.