Una poltrona d’autore: la poltrona di Gio Ponti è un’opera del design

Si è conclusa con ordinanza del Tribunale di Milano dello scorso 9 maggio 2017 la querelle giudiziaria che vedeva contrapposti gli eredi del celebre designer e architetto Gio Ponti e la società M. da un lato, e la società C. dall’altro, in ordine alla titolarità dei diritti sulla poltrona “811” disegnata da Ponti negli anni Cinquanta.

La controversia era insorta quando, in occasione dell’ultimo Salone Internazionale del mobile di Milano, le due aziende avevano manifestato l’intenzione di presentare una riedizione dello stesso modello di poltrona disegnata da Ponti, la società M. presentandola col nome “D.156.3” e la società C. chiamandola invece “811”.

C., che si riteneva unica titolare dei diritti esclusivi di riproduzione della poltrona contesa, sia in virtù di un contratto di lavoro che avrebbe legato il designer alla medesima società negli anni in cui la poltrona era stata progettata, sia per un asserito contributo al processo creativo da parte del proprio Ufficio tecnico, aveva inviato a M. formale diffida a cessarne la produzione.

La società M., a sua volta, aveva instaurato un procedimento d’urgenza per veder dichiarati i suoi diritti sulla poltrona disegnata da Gio Ponti in virtù di un accordo di licenza pluriennale stipulato con gli eredi del designer, ed aveva ottenuto ragione dal Tribunale di Milano, che con decreto del 4 aprile 2017 aveva inibito alla resistente C. di produrre, pubblicizzare e commercializzare il modello in questione, fissando una penale di 5.000 euro per ogni violazione dell’inibitoria.

Con l’ordinanza in commento il Tribunale di Milano ha confermato integralmente il precedente provvedimento cautelare emesso inaudita altera parte.

L’organo giudicante ha anzitutto attribuito al modello litigioso la protezione del diritto d’autore riconosciuta alle opere del design industriale dall’art. 2, comma 1, n. 10 L.A.

Pur in assenza di formali riconoscimenti della critica o di esposizioni del modello in ambito museale – criteri normalmente applicati in giurisprudenza per affermare l’applicabilità della tutela autoriale –  argomenti dirimenti in tal senso sono stati, oltre al comune e concordante riconoscimento delle parti in causa, l’inserimento del progetto nell’archivio storico delle opere di Gio Ponti e la vendita all’asta ad un prezzo ben più rilevante rispetto al mero valore commerciale.

Quanto alla titolarità dei diritti di sfruttamento economico sull’opera, il Tribunale ha ritenuto che la resistente C. non avesse fornito la prova né della sussistenza di una “comunione creativa” tra l’architetto Ponti e il Responsabile dell’Ufficio tecnico interno all’azienda, né che l’attività creativa del designer fosse stata oggetto di un rapporto di committenza o di lavoro subordinato con la medesima e che da qui ne discendesse il trasferimento in capo a quest’ultima dei diritti di riproduzione del modello litigioso.

Circostanza questa confermata anche dalla corresponsione di royalties per tutti gli esemplari della poltrona all’epoca venduti e dalle successive richieste di concessione di licenza agli eredi di Ponti per la sua riproduzione.

In assenza di tali prove, i diritti sul modello 811 sono stati dunque riconosciuti sussistere in capo ai ricorrenti.

L’ordinanza in commento, che non ha fatto oggetto di reclamo da parte di C. nei termini di legge, chiude dunque la vicenda.