È lecito l’utilizzo della DOP “Champagne” nella denominazione di un sorbetto al gusto di champagne

Con sentenza dello scorso 20 dicembre 2017 (causa C- 393/16), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata in ordine ai limiti del divieto di utilizzo di una denominazione d’origine protetta, con una pronuncia che sarà gradita a molti produttori nel settore agroalimentare.

Questa la vicenda processuale.

Nell’ambito di una controversia che vedeva contrapposti l’associazione dei produttori di champagne “Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne” (CIVC) alla catena di supermercati tedesca Aldi in ordine alla vendita da parte di quest’ultima di un sorbetto denominato “Champagner Sorbet” –  ritenuto violare la DOP “Champagne” –  la Corte federale di giustizia tedesca, adita in ultima istanza dal CIVC, ha sottoposto alla Corte di Giustizia UE una serie di questioni pregiudiziali circa l’interpretazione dell’art. 118 quaterdecies del regolamento n. 1234/2007 e dell’art. 103 del regolamento n. 1308/2013, relativi all’ambito di protezione di DOP e IGP nel settore vitivinicolo.

Tali disposizioni prevedono che le DOP e IGP possano essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializza vino in conformità con il relativo disciplinare di protezione, e che esse siano protette contro qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto del nome protetto, per prodotti comparabili non conformi al disciplinare di produzione o nella misura in cui tale uso sfrutti la notorietà della DOP o IGP.

In particolare, il Giudice europeo è stato chiamato a chiarire se l’uso di una DOP all’interno della denominazione di un prodotto alimentare non conforme al disciplinare di produzione, ma contenente un ingrediente conforme a detto disciplinare, costituisca uno sfruttamento illecito di tale DOP anche laddove tale designazione corrisponda alla prassi denominativa del pubblico di riferimento e l’ingrediente sia aggiunto in quantità sufficiente per conferire una caratteristica essenziale al prodotto.

La Corte di Giustizia ha anzitutto chiarito che le suddette disposizioni si applicano anche nei casi, come quello in esame, di impiego commerciale di una DOP come parte della denominazione di un prodotto alimentare contenente un ingrediente conforme al disciplinare di produzione.

Ciò posto, un siffatto impiego di una DOP non può essere considerato di per sé indebito, ma spetta al giudice nazionale valutare caso per caso se detto impiego costituisce uno sfruttamento indebito della notorietà della DOP.

Il criterio da cui dovrà muovere il giudice nazionale in questa valutazione atterrà alla circostanza se l’ingrediente in questione conferisca o meno una caratteristica essenziale al prodotto. Affinché ciò avvenga, il gusto del prodotto deve essere determinato principalmente da tale ingrediente.

Si avrà dunque un indebito sfruttamento della notorietà della DOP soltanto qualora il prodotto alimentare non abbia come caratteristica essenziale un gusto conferito in maggior misura dall’ingrediente che beneficia della DOP.

La quantità effettiva di tale ingrediente nella composizione del prodotto sarà un criterio utile in questa valutazione, ma non sufficiente.

La Corte inoltre, in risposta alle ulteriori questioni pregiudiziali, ha affermato che un siffatto impiego di una DOP non può costituire un’usurpazione, un’imitazione o un’evocazione ai sensi delle summenzionate disposizioni regolamentari, in quanto si effettua un uso diretto di tale DOP al fine di rivendicare apertamente una qualità gustativa connessa alla DOP stessa.

Né l’uso di una DOP nella denominazione di un prodotto alimentare, come quello di cui al procedimento principale, costituirà un’indicazione falsa o ingannevole, atta ad indurre in errore sull’origine geografica del prodotto, o sulla natura o sulle qualità essenziali del medesimo.

La pronuncia in commento, in modo del tutto rivoluzionario, sembrerebbe liberalizzare, a determinate condizioni, l’uso di DOP e IGP nella denominazione di prodotti composti, a prescindere dall’autorizzazione dei consorzi di tutela o da quanto previsto nei disciplinari di produzione.

Resterà da valutare come questa pronuncia si armonizzerà con le normative nazionali di segno difforme.