Vietare al distributore di vendere su Amazon è possibile ma solo a precise condizioni

Bisogna premettere che in ambito europeo sono vietati i patti che limitano la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione e quindi tutte le clausole che restringono il territorio o i clienti ai quali un distributore può vendere i propri prodotti.

Pertanto se, ad esempio, un produttore stipula un contratto con un distributore francese o spagnolo, non potrà impedire che costoro vendano i prodotti da lui acquistati anche al di fuori della Francia o della Spagna in quanto una clausola del genere sarebbe in contrasto con l’art. 101 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).

Riguardo ad Internet la situazione non è diversa.

La Corte di Giustizia si è già pronunciata sul punto nel caso Fabre Dermo-Cosmétique (C-439/09, sentenza 13.10.2011) nel quale ha stabilito che un produttore non può vietare ad un distributore di vendere i propri prodotti in Internet.

In quel caso si trattava di prodotti di largo consumo ed era in contestazione una clausola contrattuale che vietava in modo assoluto la vendita online, clausola che appunto è stata ritenuta nulla ed illecita.

Per i prodotti di lusso esiste però un orientamento per il quale l’organizzazione di una rete di distribuzione selettiva non ricade nel divieto dell’art. 101 TFUE se la scelta dei rivenditori avviene secondo “criteri oggettivi di indole qualitativa stabiliti indistintamente per tutti”, in quanto è la natura del prodotto a rendere necessaria una selezione del canale distributivo al fine di non fare perdere prestigio al prodotto stesso.

Sul tema delle vendite online si è recentemente espressa la Corte di Giustizia che ha emesso un’importante decisione (causa C-230/16, sentenza del 06.12.2017) chiarendo meglio i confini del divieto.

Nel caso da ultimo sottoposto alla Corte un produttore di cosmetici di lusso aveva inserito nel contratto di distribuzione una clausola che non impediva in modo assoluto la vendita di prodotti in Internet, ma soltanto la vendita “tramite piattaforme terze il cui intervento è riconoscibile per il consumatore”. Il distributore, contravvenendo al divieto, aveva messo in vendita i prodotti su amazon.de ed a seguito dell’azione promossa contro di lui il Giudice ha rimesso la questione alla Corte per sapere se il divieto contrattuale possa dirsi legittimo o meno.

La Corte ha ritenuto che una tale clausola si possa ritenere valida e ciò per una duplice ragione:

– primo perché una distribuzione selettiva dei prodotti di lusso è compatibile con la natura del bene che si vuole proporre al mercato;

  • secondo perché la clausola non prevede un divieto assoluto, ma solo il divieto di avvalersi di piattaforme terze con le quali non vi è modo di concordare alcun tipo di distribuzione particolare e quindi non vi è modo di rispettare il target di qualità desiderato.

Infatti la messa in vendita tramite un canale di vendita online quale Amazon di un prodotto di lusso potrebbe determinare un danno alla sua fama non essendo possibile prevedere una presentazione del prodotto idonea a salvaguardare l’immagine di lusso del prodotto stesso.

L’apertura della Corte di Giustizia è, se pure nella sua precisa delimitazione, comunque molto significativa anche perché un principio analogo potrebbe trovare spazio per altri prodotti che, pur non potendo essere qualificati di lusso, richiedano per loro natura una particolare attenzione ai canali distributivi.