Linee-guida 3/2019 sulla videosorveglianza

Lo scorso 9 e 10 Luglio, l’European Data Protection Board (EDPB) ha adottato le nuove linee guida sulla videosorveglianza.

Il documento ha a oggetto lo studio dell’impatto che l’utilizzo dei dispositivi video hanno sul comportamento degli interessati all’interno dell’Unione Europea e le conseguenze che il trattamento ha sugli stessi.  L’analisi si concentra sull’uso sia dispositivi video tradizionali che intelligenti.

Di fatti l’uso di tecnologie sempre più avanzate può interferire con la libertà di movimento e con le scelte degli interessati ad essere o meno “ripresi” dai dispositivi, ciò nonostante, gli individui potrebbero apprezzare la videosorveglianza per fini di sicurezza, in quanto in tal caso il bene protetto sarebbe maggiore della “flessione di riservatezza” che si verrebbe a creare.

Il problema sorge quando alla videosorveglianza per fini di sicurezza è possibile “associare” altre finalità meno gradite all’interessato come ad esempio il marketing o le analisi delle prestazioni lavorative, trasformandosi in questo caso in un sistema “intelligente” che combina ingenti quantità di dati con un aumento del rischio di utilizzo illecito.

Per queste ragioni il Comitato europeo ribadisce che nell’utilizzo dei dispositivi video vengano sempre applicati i principi applicabili al trattamento dei dati personali, di cui all’art 5 del GDPR. Inoltre la video sorveglianza deve essere una misura residuale da adottare solo quando non è possibile raggiungere lo stesso scopo con modalità meno intrusive.

Nelle linee guida emanate troviamo alcune importanti conferme di riflesso pratico nella vita quotidiana.

Innanzitutto vi sono due eccezioni all’applicazione del GDPR.

La prima è disciplinata all’art. 2.2 lett. c) del GDPR, quando il trattamento viene effettuato da una persona fisica per l’esercizio di attività esclusivamente personale o domestico.

La seconda, quando il trattamento viene eseguito da parte delle autorità competenti per i fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento dei reati e per l’esecuzione delle sanzioni penali, in quanto rientrano nel campo di applicazione della Direttiva Europea 2016/680.

Interessante è anche l’analisi del legittimo interesse e del consenso dell’interessato quali basi giuridiche idonee a legittimare il trattamento.

In caso di videosorveglianza per il legittimo interesse viene richiesta una maggiore attenzione al bilanciamento degli interessi.

Infatti esiste realmente un interesse legittimo quando vi sono situazioni di pericolo reale, quali furti, incidenti gravi verificatisi in passato e solo quando la  medesima finalità non può essere raggiunta con altri mezzi.

Il consenso al trattamento è ritenuto dal Comitato una base giuridica “residuale” che presenta molte criticità sia in fase di raccolta sia in relazione a determinati soggetti, quali i dipendenti, che è improbabile che prestino un consenso libero.

Importante risalto viene dato anche agli obblighi di trasparenza e di informazione, confermando ancora una volta l’approccio a più livelli.

Il primo di livello consistente nel segnale di avvertimento, ossia un cartello raffigurante la videosorveglianza e che riporti l’identità del titolare del trattamento, del suo rappresentante (art. 27 GDPR), dati di contatto del DPO, le finalità del trattamento, le basi giuridiche e un accenno ai diritti. Il cartello, secondo il Comitato deve essere posto a una distanza ragionevole dal raggio di azione della telecamera.

Il secondo livello consiste nel fornire le informazioni complete sul trattamento come previsto dall’art. 13 del GDPR, in un luogo facilmente accessibile dall’interessato e che non sia nell’area sottoposta a videosorveglianza.

In merito alla conservazione dei dati si conferma che non possono essere conservati per un periodo più lungo di quanto necessario per le finalità per le quali sono raccolti. Nel caso della video sorveglianza il periodo è di uno o due giorni, in caso di periodi più lunghi di 72 ore viene richiesta la produzione di motivazioni a sostegno della legittimità di conservazione dei dati.

In sintesi, il Comitato conferma tutte le precauzioni già previste dai precedenti provvedimenti ma se possibile accentua ancora di più l’attenzione che deve essere posta ai sistemi di videosorveglianza, sempre troppo invasivi e quindi da adottare con estrema cautela.