Estesa agli oggetti di design la norma sui segni mendaci

Cassazione Penale, sez. Terza, sentenza n. 6254/2011

Gli oggetti di design si caratterizzano per una stretta correlazione tra aspetti industriali ed apporto creativo dell’autore, tale da determinarne originalità e capacità distintiva.

L’apposizione di segni mendaci su tali prodotti è quindi idonea a trarre in inganno il consumatore sulle loro caratteristiche essenziali, trovando applicazione l’art. 517 c.p.

Questa la conclusione cui è giunta la Terza sez. Penale della Corte di Cassazione con la sentenza in commento, confermando le decisioni di primo e secondo grado.

I convenuti, artigiani fonditori, erano infatti stati condannati dalla Corte di Appello di Roma per aver venduto, applicandovi le proprie iniziali, opere dell’ingegno di due designer di mobili in metallo, inducendo così in inganno gli acquirenti sulla provenienza del prodotto.

I condannati proponevano ricorso in Cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, la errata interpretazione ed applicazione dell’art. 517 c.p.

Osservavano, infatti, come non possa rinvenirsi l’idoneità a trarre in inganno l’acquirente qualora il designer non fosse stato conosciuto al pubblico. I giudici di merito avrebbero erroneamente assimilato la figura del designer a quella dell’artista, considerando essenziale ai fini dell’applicazione dell’art 517 c.p. il possibile futuro apprezzamento del pubblico e non, come dovrebbe essere secondo i ricorrenti, la effettiva riconoscibilità dell’opera nel momento della sua realizzazione.

La Corte, nel respingere il ricorso, ricorda come l’ambito di operatività della norma penale sia stato da tempo definito dalla giurisprudenza.

È infatti pacifico come, per la configurabilità del reato, sia sufficiente la sola attitudine a trarre in inganno il consumatore sulle caratteristiche essenziali del prodotto. Il bene giuridico tutelato dalla norma, infatti, non sussiste nell’interesse del consumatore, ma nella tutela dell’ordine economico, stante la collocazione del reato nel Codice penale tra i delitti contro l’industria ed il commercio. Di conseguenza, la semplice messa in vendita di prodotti con segni mendaci comporta una lesione effettiva alla lealtà degli scambi.

Gli ermellini sostengono, con un’affermazione di principio, come il reato possa certamente configurarsi anche per gli oggetti di design. Questi sono manufatti caratterizzati da una stretta correlazione tra aspetti prettamente industriali ed apporto creativo del disegnatore, tale da determinarne l’originalità e la conseguente riconoscibilità da parte del pubblico.

Ai fini dell’applicazione dell’art. 517 c.p. rileva la sola capacità distintiva dell’oggetto di design, essendo indifferente l’ambito di conoscibilità dello stesso, che può pertanto essere limitato ad uno specifico settore commerciale.

La Corte sottolinea come, nel caso di specie, l’effettiva capacità distintiva risultasse accresciuta dalla presenza di specifici elementi distintivi non stilistici, come la numerazione del singolo manufatto prodotto in serie limitata o la sigla delle iniziali degli autori.

Non sono state quindi accolte le lamentele di uno dei ricorrenti, il quale contestava come, essendo le opere oggetto di contestazione sconosciute al grande pubblico, esse non sarebbero state facilmente riconducibili ad un determinato autore.

La Suprema Corte ha così rigettato il ricorso, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Roma e condannando i ricorrenti alle spese del procedimento.