Il Tribunale Ue conferma la tutela del famoso “Gallo Nero” del Chianti

Il Tribunale dell’Unione Europea (sentenza del 14/04/2021, T-201/20) ha escluso che possa essere registrato un marchio contenente la figura di un gallo a tutela del marchio “Gallo Nero” utilizzato dal Consorzio Vino Chianti Classico, in quanto una tale registrazione avrebbe tratto un vantaggio indebito dalla notorietà e dal prestigio del simbolo usato per identificare il vino del Chianti.

Il caso ha preso le mosse dal deposito del marchio a livello europeo contro il quale il Consorzio Vino Chianti Classico ha presentato opposizione sulla base del marchio che gode di notorietà.

L’opposizione è stata accolta ed il titolare del marchio opposto ha presentato ricorso al Tribunale dell’Unione Europea sostenendo un’erronea applicazione dell’art. 8 paragrafo 5 RMUE e la scarsa somiglianza tra i segni contrapposti.

L’art. 8, paragrafo 5 del regolamento RMUE infatti non consente la registrazione di un marchio quando si verificano diverse condizioni, ovvero quando sussiste l’identità o la somiglianza dei marchi in conflitto ed in caso di notorietà del marchio anteriore quando chi deposita il marchio trae senza giusto motivo un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o gli rechi pregiudizio.

Il Tribunale UE, in merito alla comparazione dei segni in conflitto, ha ricordato che la stessa debba essere effettuata da un punto di vista fonetico, visivo e concettuale, e sulla base di un’impressione complessiva prodotta dai segni, tenendo conto dei loro elementi distintivi e dominanti. Inoltre, lo stesso ha sottolineato come la violazione dell’art. 8 paragrafo 5 possa derivare anche da un grado di somiglianza minore, ma comunque presente.

Alla luce di quanto appena affermato, il Tribunale ha ritenuto di avere correttamente concluso per l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto, sia da un punto di vista visivo (anche se ad un livello medio-basso), in quanto entrambi i segni contengono la figura di un gallo, sia dal punto di vista concettuale, in quanto il concetto veicolato dall’elemento figurativo dei due segni rinvia, in entrambi i casi, al concetto di gallo, immediatamente riconoscibile nei due segni.

Il Tribunale ha affermato inoltre che la comparazione tra due segni in conflitto, quando uno dei due è un marchio collettivo, è fondato sui medesimi principi e criteri che riguardano la comparazione di due marchi individuali. Pertanto, niente impedisce di concludere che il segno costituito da un marchio individuale e quello costituito da un marchio collettivo possano veicolare il medesimo concetto o simile. Da un punto di vista fonetico, invece, la commissione di ricorso si è limitata ad osservare che un tale confronto fosse difficile da eseguire.

Per quanto concerne le condizioni di applicazione dell’art. 8 paragrafo 5 RMUE, il Tribunale ha specificato che il vantaggio che deriva dall’uso da parte di un terzo di un segno simile ad un marchio notorio si presenta qualora il marchio contestato tenti di porsi sulla scia del marchio notorio al fine di profittare del potere attrattivo, della reputazione e del prestigio dello stesso, sfruttando senza alcun corrispettivo economico lo sforzo commerciale compiuto dal titolare del marchio antecedente per creare e conservare una tale immagine.

Nel caso di specie l’apposizione del segno del “gallo” avrebbe avuto come risultato quello di trasferire l’immagine di eccellenza e prestigio di cui gode il marchio collettivo antecedente anche sui prodotti vitivinicoli della controparte, facilitandone la commercializzazione e dando così luogo ad un profitto indebito.

Inoltre, il Tribunale ha ricordato come, in una fattispecie di tal genere, il titolare del marchio antecedente non sia tenuto a dimostrare l’esistenza di un pregiudizio effettivo ed attuale ai suoi marchi ma solo ad addurre elementi di prova che permettano di evidenziare un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o pregiudizio.

Tenuto conto dell’elevata notorietà del marchio anteriore, peraltro mai contestata apertamente dalla ricorrente, e dell’immagine di eccellenza e prestigio associata dai consumatori ai vini contrassegnanti dal marchio collettivo antecedente, il Tribunale ha quindi concluso che tale prestigio potesse essere trasferito indebitamente ai prodotti del marchio contestato.

Alla luce delle motivazioni sotto riportate, il Tribunale dell’Unione Europea ha pertanto decretato la sussistenza di un rischio non ipotetico di collegamento tra i marchi tale da poter indurre il ricorrente ad ottenere un indebito vantaggio dalla notorietà, prestigio ed eccellenza promananti dal marchio anteriore e, per tale motivo, ha rigettato integralmente il ricorso avanzato dalla ricorrente, con conseguente conferma del rigetto della domanda di marchio relativa.