Con la direttiva (UE) 2016/943 dell’8 giugno 2016 del Parlamento europeo e del Consiglio, è stato fornito agli Stati membri un quadro comune sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali).
Tale normativa si è resa necessaria per dare regole comuni ad un settore, quale quello dei segreti commerciali, nel quale gli Stati membri non hanno un livello omogeneo di protezione ed evitare quindi di frammentare il mercato. Le piccole, medie e grandi imprese, infatti, attribuiscono ai segreti commerciali lo stesso valore dei brevetti e di altri diritti di proprietà intellettuale. La direttiva si prefigge quindi lo scopo di sviluppare una vera e propria cultura della tutela dei segreti commerciali in modo tale da poter accrescere la competitività delle imprese e la loro capacità innovativa.
Gli Stati membri dovranno recepire la direttiva entro il 9 giugno 2018. Sarà quindi interessante vedere come la direttiva (UE) 2016/943 sarà recepita nei vari Stati ed in particolare in Italia.
Prima di analizzare le novità introdotte dalla direttiva, è opportuno ricordare innanzitutto che cosa si intenda per “know-how” sia a livello comunitario che italiano.
La definizione primaria di know-how si rinviene nel Regolamento (CE) 772/04 sugli accordi di trasferimento di tecnologia, che, all’articolo 1, paragrafo 1, lett. i) definisce «know-how»: un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate, derivanti da esperienze e da prove, patrimonio che è: i) segreto, vale a dire non generalmente noto, né facilmente accessibile; ii) sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione dei prodotti contrattuali; e iii) individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità. Ad integrazione e specificazione della definizione riportata, la Commissione UE specifica la necessità di avere un supporto fisico, su cui il know-how sia descritto o fissato, e ciò al fine di soddisfare il requisito dell’individualità.
Tale definizione di know-how è ripresa in modo identico anche in altri regolamenti (Reg. CE 2659/2000 relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, Reg. UE 330/2010, relativo agli accordi verticali).
In Italia, il segreto industriale è disciplinato dall’art. 98 del Codice della Proprietà Industriale (CPI). In particolare, tale norma prevede la tutela delle informazioni aziendali e delle esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore. L’art. 98 del CPI non menziona quindi espressamente il know-how. Tuttavia quest’ultimo, secondo la giurisprudenza italiana, può essere ricondotto nell’ambito delle informazioni aziendali segrete (cfr. Tribunale delle Imprese di Bologna, Sentenza n. 2340/2015). La Corte di Cassazione ha infatti affermato che la rivelazione di segreti scientifici e industriali sanzionata dall’art. 623 del Codice Penale può riguardare anche il know-how aziendale, ritenendo applicabile la norma anche alla fattispecie di divulgazione di know-how da parte di ex dipendenti di una società a vantaggio di altra società concorrente (sentenza n. 25008/2001).
La nuova direttiva (UE) 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate fornisce una propria definizione di segreto commerciale. Tale aspetto sarà però affrontato in modo dettagliato nei prossimi approfondimenti.
Chiara Morbidi