I SEP (Standard Essential Patents) sono brevetti che hanno la particolarità di tutelare uno specifico aspetto di uno standard tecnico e di essere essenziali per l’applicazione della norma tecnica stabilita da un organismo di normalizzazione.
Ne consegue che, se il SEP è davvero tale e quindi essenziale per l’applicazione dello standard (ma sul punto torneremo in senso critico tra breve), chi utilizza quel determinato standard deve necessariamente richiedere ed ottenere una licenza per l’uso del brevetto SEP ad esso relativo.
Gli standard sono sempre più fondamentali per potere realizzare prodotti che siano in grado di comunicare tra loro. Si pensi a molti prodotti elettronici ma anche e soprattutto allo IoT (Internet of Things) ed alla robotica.
Nel corso degli ultimi anni si è cercato, soprattutto per via giurisprudenziale, di trovare dei contemperamenti che consentissero, da un lato, la tutela dei titolari di SEP ed il riconoscimento delle royalties a loro giustamente dovute e, dall’altro, la salvaguardia delle imprese che si trovano a dovere necessariamente ottenere una licenza sui SEP se vogliono sopravvivere sul mercato.
Un brevetto è SEP quando il suo titolare lo dichiara come tale ad una SDO (Standard Developing Organisation).
Chi dichiara che il proprio brevetto è SEP deve contestualmente impegnarsi a concederlo in licenza ed a farlo a condizioni FRAND (Fair, Reasonable and Non-Discriminatory).
Nella pratica accade che il titolare di un SEP verifica sul mercato la presenza di un prodotto che utilizza un certo standard e di conseguenza si rivolge al suo produttore o distributore per chiedere che sottoscriva un contratto di licenza a condizioni FRAND. In astratto però, sulla base dei principi generali in materia, il titolare potrebbe anche “bypassare” questa richiesta ed agire direttamente contro l’utilizzatore dello standard, citarlo in giudizio o, peggio, iniziare un procedimento cautelare.
Per evitare questa (disastrosa) seconda ipotesi e scongiurare il rischio di abuso di posizione dominante la giurisprudenza ha elaborato alcuni principi da ultimo cristallizzati nella decisione Huawei v. ZTE (C-170/13 del 16.07.2015) che costituisce il leading case di riferimento per ogni questione riguardante i SEP.
La Corte di Giustizia ha stabilito che il titolare di brevetti SEP non abusa della sua posizione dominante, ai sensi dell’art. 102 TFUE, se prima di esperire un’azione di contraffazione nei confronti di chi usa una tecnologia coperta da SEP si sono verificate le seguenti condizioni:
– il titolare del brevetto SEP ha avvisato l’utilizzatore della contraffazione addebitatagli indicando il brevetto che sarebbe violato e specificando il modo in cui esso sarebbe stato contraffatto;
– dopo che il presunto contraffattore ha manifestato la volontà di stipulare un contratto di licenza a condizioni FRAND, il titolare del brevetto SEP gli ha trasmesso una proposta di licenza concreta e scritta a dette condizioni FRAND;
– nonostante quanto sopra il presunto contraffattore non ha poi dato seguito con diligenza a tale proposta in base agli usi commerciali ed in buona fede.
Il meccanismo sembra equo ed efficace ma in realtà presenta molteplici criticità.
I SEP non sono brevetti come gli altri.
La libertà contrattuale in questo settore è molto ridotta per non dire annullata. Il titolare di un brevetto essenziale può scegliere se dichiararlo SEP e quindi offrirlo a condizioni FRAND ma l’utilizzatore non ha alcun modo di scegliere di non avvalersi dello standard (a meno di non rinunciare a produrre quel prodotto ed uscire dal mercato) per cui è di fatto costretto ad accettare le condizioni che propone il titolare del SEP, qualsiasi esse siano.
La disparità, ed il rischio di iniquità, di trattamento nelle licenze è da imputarsi a diversi fattori. Vediamone ad esempio alcuni.
1. La formazione dei SEP
Un brevetto viene definitivo essenziale a seguito di una sorta di autodichiarazione del titolare che, appunto, dichiara che il suo brevetto è necessario ed essenziale per l’applicazione di uno standard e quindi con tale dichiarazione si rende disponibile a concederlo in licenza a condizioni FRAND a chi intende utilizzare lo standard in questione.
Questa dichiarazione, che può sembrare favorire l’utilizzatore in quanto gli offre la tranquillità di non vedersi negare una licenza ed a condizioni FRAND, in realtà lo mette in una condizione di difficoltà in quanto ha come prima ed immediata conseguenza quello di qualificarlo “a priori” come un contraffattore.
Come dicevamo, però, i brevetti SEP sono tali per “autodichiarazione” del titolare ma non vi è alcun controllo da parte di alcuna autorità o commissione per cui nessuno verifica in concreto che quei brevetti afferiscano proprio a quello standard e siano essenziali alla sua applicazione.
Si potrebbe replicare che, come accade per un qualsiasi brevetto, è onere del presunto contraffattore verificare se la tecnologia che utilizza sia coperta o meno da un titolo di proprietà industriale e se vi sia interferenza, ma per i SEP la cosa è particolarmente onerosa perché vi sono standard per i quali sono dichiarati come essenziali migliaia di brevetti per cui questa analisi è quasi impossibile ed avrebbe costi esorbitanti.
2. Il cumulo di SEP su uno stesso standard e la necessità di utilizzare più standard
Una SDO può registrare decine di migliaia di dichiarazioni SEP per uno stesso standard ed un produttore può avere di necessità di utilizzare più standard all’interno di uno stesso prodotto.
Ciò significa che un’impresa può trovarsi nella necessità di ottenere la licenza su un numero elevatissimo di brevetti SEP con un moltiplicarsi delle problematiche viste sopra.
Si consideri inoltre un altro aspetto, più pratico commerciale che giuridico ma non per questo meno importante.
3. La posizione del distributore
Molte volte il titolare di un brevetto SEP sceglie di rivolgersi al distributore piuttosto che al produttore, per motivi strategici o per questioni di opportunità commerciali o tecnico-legali.
Le difficoltà di verificare l’essenzialità del brevetto e la supposta contraffazione, già elevate per chi realizza un prodotto, si moltiplicano a ben vedere, e diventano talvolta paralizzanti, quando a doversi difendere è il distributore.
Si pensi ad un’apparecchiatura elettronica, anche semplicemente ad un televisore, che contiene al suo interno circuiti integrati, chip e decine e decine di componenti che vengono acquistati da terzi senza che si possa avere la benché minima cognizione della tecnologia che utilizzano.
Anche per questi vale il facile sillogismo dei titolari di SEP: se utilizzi un componente che per funzionare deve necessariamente utilizzare uno standard, e se per quello standard vi è un brevetto dichiarato SEP, allora devi necessariamente ottenere la licenza per quel SEP.
Ma il distributore come può sapere o verificare se tutto ciò è vero?
In alcuni casi gli potrà essere astrattamente possibile, pur con le dovute complessità tecniche, ma in altri casi non gli sarà proprio concesso in quanto non potrà accedere alla tecnologia insita in molti componenti. In tal caso o il distributore firma ad occhi chiusi o si espone al rischio di un’azione legale o cessa di vendere il prodotto.
Ci parrebbe che rivolgersi ad un presunto contraffattore indicando che egli è in contraffazione solo in quanto utilizza uno standard per il quale un brevetto è stato dichiarato essenziale possa essere in contrasto con il requisito di “specificare il modo in cui esso sarebbe stato contraffatto” in quanto detta specificazione avviene sostanzialmente per una sorta di tautologia.
4. Il concetto di FRAND
FRAND è un bellissimo acronimo ma nessuno sa esattamente quale sia il suo reale contenuto. Nell’esperienza i titolari di brevetti SEP inviano proposte di licenze (ne ho lette diverse decine provenienti dai più importanti detentori di SEP) nelle quali viene indicata una royalty sul fatturato o un importo fisso da versare per ogni pezzo venduto precisando che questa richiesta è FRAND ma nessuno fornisce un qualche parametro di riferimento che consenta di verificare che lo sia davvero.
Ovviamente si rifiutano di esibire, anche in forma parziale, altri contratti di licenza sottoscritti a loro favore dai quali si possa desumere che la royalty proposta è davvero FRAND.
Ne consegue che il presunto utilizzatore di SEP è costretto ad accettare la royalty proposta come FRAND come atto di fede. Il tutto senza considerare che i contratti sono spesso molto penalizzanti anche da altri punti di vista ed i margini di intervento concessi all’utilizzatore sono ridottissimi per non dire quasi nulli.
Questa pratica ci pare nuovamente in contrasto con i principi del caso Huawei.
Un utilizzatore che “manifesta la volontà di stipulare un contratto di licenza a condizioni FRAND” dovrebbe avere diritto di avere prova che le condizioni a lui proposte sono davvero FRAND, diversamente la trattativa si pone inevitabilmente in uno stato di stallo.
Appare dubbio che possa operare in senso favorevole al titolare del brevetto SEP il decorso del tempo quando il presunto contraffattore non aderisce tempestivamente alla proposta in quanto non è stato messo in condizione di poterla compiutamente valutare mancandogli dei parametri di riferimento oggettivi.
5. Il cumulo di licenze FRAND
Quand’anche poi una proposta di licenza fosse effettivamente a condizioni FRAND, equa e sostenibile, merita ricordare che essa molto raramente giunge da sola.
Chi produce apparecchi elettronici si trova infatti spesso nella necessità di utilizzarne di più.
In tal caso una licenza (ed una royalty) FRAND può diventare inaccettabile se, sommata a molte altre royalties, magari anch’esse singolarmente FRAND, raggiunge cifre commercialmente inaccettabili.
Di questo i titolari di SEP non tengono minimamente conto in quanto ognuno opera singolarmente ed in modo del tutto autonomo rispetto agli altri titolari di altri brevetti essenziali.
6. La disparità di trattamento
Come detto i contratti di licenza non vengono resi pubblici e l’utilizzatore dello standard non ha modo di potere sapere se altri hanno stipulato licenze ed a quali condizioni.
Capita quindi che sullo stesso mercato vi possono essere imprese a cui le licenze vengono richieste ed imprese a cui non vengono richieste, non è dato sapere sulla base di quali criteri, a totale discrezione del titolare del SEP.
Questa discrezione però incide negativamente sul mercato perché ci saranno imprese che dovranno necessariamente aumentare il costo del proprio prodotto in quanto costrette a pagare le licenze ed altre imprese che questo costo aggiuntivo non lo hanno e possono vendere lo stesso prodotto a prezzi più bassi.
L’effetto distorsivo è ancora più evidente quando si tratta di grandi imprese che, oltre a detenere brevetti SEP producono, direttamente o indirettamente, anche apparecchi che utilizzano quello standard. Dette imprese hanno il vantaggio di potere stipulare tra di loro contratti di licenza incrociati, per cui ognuna usufruisce dei brevetti SEP dell’altra ma senza pagare alcuna royalty con ciò potendo mantenere un costo di produzione più basso rispetto a quello delle altre imprese che invece sostengono i costi delle licenze.
Le linee guida di Huawei, pur essendo un buon punto di partenza, non sono quindi sufficienti per risolvere i problemi che derivano dai SEP.
La Commissione Europea nel 2016 ha quindi aperto una consultazione sul tema da cui sono emersi molti dei punti critici sopra indicati e da ultimo, lo scorso 29 Novembre 2017, ha emesso la Comunicazione COM(2017) 712 nella quale evidenzia la necessità di prevedere un nuovo e diverso approccio ai SEP.
La valutazione della Commissione Europea sui brevetti SEP
La Commissione riscontra inizialmente che vi è poca trasparenza ed invita le SDO ad organizzare database chiari, facilmente accessibili, con tutte le informazioni dettagliate sui brevetti dichiarati essenziali, incluso il loro “status” e la loro estensione reale a seguito del completamento dell’iter di concessione.
Molti brevetti vengono infatti dichiarati SEP quando sono allo stato di domanda mentre è auspicabile che la dichiarazione di SEP sia confermata al momento della concessione che potrebbe avere ridotto l’ambito protettivo del brevetto rispetto allo stato iniziale. I titolari di SEP dovrebbero poi essere molto chiari riguardo a quale parte dello standard sarebbe coperto dalla loro privativa.
La Commissione evidenzia che la dichiarazione di SEP fatta dal titolare fonda “de facto” una presunzione di essenzialità del brevetto che agevola i titolari nei giudizi in quanto, sostanzialmente, inverte l’onere della prova, dovendo essere il presunto contraffattore a dimostrare la non interferenza o la non essenzialità.
In questo senso la Commissione ritiene che sia opportuno che vi sia una valutazione di essenzialità da parte di un ente indipendente il cui intervento potrebbe essere richiesto sia dal titolare del brevetto sia dal potenziale utilizzatore al fine di chiarire in via preliminare se davvero il brevetto SEP inerisce allo standard ed a quale parte dello standard stesso.
Questa valutazione si dimostrerebbe utile sia in fase di trattativa sia in fase di contenzioso.
Si ipotizza infine l’introduzione di una tassa che i titolari di SEP dovrebbero pagare per confermare la loro dichiarazione, ma tutte queste misure verrebbero comunque introdotte con una certa gradualità e per il passato solo per i “key standards”.
La valutazione della Commissione Europea sulle licenze sui SEP
Per quanto attiene le licenze uno dei punti centrali resta quello di stabilire quando una licenza sia FRAND.
La Commissione propone quindi che vengano fissati una serie di punti fermi sul concetto di FRAND e che gli operatori si confrontino per stabilire quale possa essere la giusta royalty applicabile per ogni specifico settore non essendo possibile una soluzione “one-size-fit-all”.
Si dovrà in particolare considerare il settore tecnico ed il contributo economico reale che quel determinato SEP offrirà al prodotto che lo incorpora.
Inoltre, ed è questo un aspetto particolarmente rilevante, un SEP non potrà mai essere considerato da solo, ma le parti devono tenere in considerazione “a reasonable aggregate rate for the standard”. L’obiettivo è quello di stabilire una “maximum cumulative rate” che sia ragionevole prevedere per l’utilizzo di uno standard nel suo insieme.
Si ipotizza la creazione di “patent pools” o di piattaforme dedicate alle licenze in modo da dare vita ad una sorta di “one-stop-shop” attraverso cui si possano acquisire licenze su uno standard avendo piena consapevolezza di quanto sia il costo totale di quello standard indipendentemente da quanti brevetti lo riguardino.
Certo questa soluzione non risolve il problema della necessità di utilizzare più standard in uno stesso prodotto ma sarebbe già un importante passo avanti.
La Commissione ritiene inoltre importante che si formi, e sia accessibile, una conoscenza generale su quelle che sono le condizioni di licenza praticate in questo settore e si propone di istituire un gruppo di esperti con lo scopo di studiare la situazione e fornire informazioni chiare sulle licenze FRAND.
La valutazione della Commissione Europea sulle cause sui SEP
Le liti sui SEP sono in costante aumento e per questo, data la mancanza di chiarezza in materia, molti utilizzatori potrebbero essere spinti ad accettare una licenza, anche in termini non FRAND, per evitare il rischio di una controversia legale.
La Commissione considera un buon punto di partenza i principi espressi nel caso Huawei ma ritiene necessario un lavoro congiunto tra i titolari di SEP, gli utilizzatori, le Corti ed altre parti coinvolte nei processi decisionali, quali gli arbitri ed i mediatori, per sviluppare metodologie specifiche che possano condurre ad un efficiente sistema di risoluzione delle liti specifico per questo particolare tipo di brevetti.
Il ricorso alle ADR viene considerato particolarmente utile e dovrebbe essere previsto all’interno delle stesse piattaforme delle SDO.
Un accenno viene anche fatto all’importanza di collaborare anche con gli sviluppatori open source per stabilire le soluzioni da seguire quando vi sia una interferenza con i SEP.
Concludendo, la Comunicazione della Commissione COM(2017) 712 rappresenta un buon punto di partenza per un dibattito ed una presa di coscienza che è sempre più urgente.
Anche se mancano ancora regole precise che ci auguriamo possano essere stabilite, è ormai evidente che i brevetti SEP necessitino di un trattamento diverso rispetto ai brevetti non SEP in quanto è la loro stessa natura, allo stato semplicemente “autodichiarata”, che impone cautela per evitare un abuso di posizione dominante ed un freno alla libertà di concorrenza.
In attesa di successivi interventi, i Giudici hanno comunque da adesso a loro disposizione, accanto alla decisione Huawei, le valutazioni di questa importante Comunicazione che li rende, nuovamente, protagonisti di un cambiamento e li invita a tenere in considerazione una molteplicità di aspetti critici ogni qualvolta si troveranno a decidere un caso che abbia ad oggetto brevetti SEP.