I SEPs (Standard Essential Patents) nel settore della telefonia sono numerosi e sono posseduti per lo più dalle majors che grazie ai loro brevetti possono mettere fuori gioco la concorrenza impedendo l’uso di standard indispensabili.
Come si tutela la concorrenza
Per evitare questo effetto distorsivo la normativa comunitria prevede che i titolari di SEPs siano obbligati a concederli in licenza a condizioni eque dette FRAND (Fair, Reasonable, Non- Discriminatory). Quando una condizione sia FRAND, soprattutto in ordine all’ammontare della royalty richiesta, viene deciso dalla Corte nazionale.
La Commissione controlla che non si verifichino abusi ed in questo momento ha in corso un’indagine nei confronti di Motorola per possibile abuso di posizione dominante. Il caso non è ancora deciso ma nei giorni scorsi è stato notificato uno Statement of Objections, ovvero una contestazione preliminare, molto interessante.
Il caso
L’indagine ha preso le mosse dalla richiesta presentata da Motorola dinanzi ad una Corte tedesca per ottenere un’inibitoria nei confronti di Apple per la violazione di alcuni suoi brevetti essenziali SEPs. In questo non vi sarebbe nulla di strano se non per il fatto che Apple, una volta subita l’azione, si è detta fin da subito disponibile ad accettare le condizioni FRAND imposte dalla Corte tedesca a cui era sottoposto il giudizio. Questa circostanza, secondo la Commissione, rende Apple un licenziatario volontario. Non osta alla sottoscrizione di una licenza FRAND il fatto che il licenziatario possa contestare la validità dei brevetti del titolare, clausola prevista dall’accordo voluto da Motorola e contestata da Apple.
Del resto, nel corso di una negoziazione, ben può accadere che le parti non raggiungano un accordo e rimettano la valutazione dei termini FRAND ad un Giudice come è accaduto nel caso di specie.
Un altro scenario
Diverso sarebbe stato se Apple avesse rinunciato a trattare o avesse prorogato le trattative con scuse ed artifici senza realmente rendersi disponibile a firmare un accordo, nel qual caso non sarebbe stata considerata un licenziatario volontario e ben avrebbe potuto la Motorola eseguire un’inibitoria nei suoi confronti.