In Italia, il segreto industriale è disciplinato dall’art. 98 del Codice della Proprietà Industriale (CPI). In particolare, tale norma prevede la tutela delle informazioni aziendali e delle esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore. L’art. 98 del CPI non menziona quindi espressamente il know-how. Tuttavia quest’ultimo, secondo la giurisprudenza italiana, può essere ricondotto nell’ambito delle informazioni aziendali segrete.
Per la giurisprudenza italiana le informazioni che possono rientrare nella tutela prevista dall’art. 98 CPI sono le seguenti:
a) Informazioni tecniche: le informazioni relative sia a procedimenti che a prodotti, brevettabili o meno (ad es. manuali d’uso, schemi, disegni tecnici, ecc.). In particolare ed a titolo meramente esemplificativo, la giurisprudenza ha riconosciuto proteggibili come informazioni segrete le modalità di attuazione di un processo industriale (Corte d’Appello di Bologna 19.05.1995, in GADI 96,355), le formule chimiche segrete (Corte d’Appello di Milano 29.11.2002, in GADI, 2003, 662) ed i disegni esecutivi degli impianti e dei procedimenti per la lavorazione e la produzione di fibre (Tribunale di Roma 31.03.2004, in GADI 04,997);
b) Informazioni commerciali: le informazioni relative a dati o a informazioni necessarie o utili allo svolgimento delle funzioni commerciali. In particolare, sono stati ritenuti proteggibili gli elenchi contenenti i nominativi di clienti e fornitori e ciò anche allorquando i dati dei clienti siano raggiungibili da parte dell’imprenditore attraverso indagini di mercato (Tribunale di Modena sez. dist. Carpi 20.04.2005, in GADI 2005,861). Per quanto riguarda gli elenchi dei fornitori, occorre in ogni caso valutare caso per caso. È stato ad esempio ritenuto che l’acquisizione dell’elenco dei fornitori, al fine di conoscere anche con quali tipi di materiali la società concorrente opera, costituisce illegittimo sfruttamento del know-how altrui (Corte d’Appello di Bologna 5.06.1993 in GADI 3062). Sono stati inoltre ritenuti proteggibili gli elenchi contenenti le condizioni contrattuali con i clienti e fornitori (Tribunale di Modena 21.01.1998, in GADI 99,292) ed i documenti con i prezzi o i preventivi consegnati nelle trattative in corso (Tribunale di Perugia, sez. distaccata di Foligno 23.01.2008);
c) Informazioni amministrative: come ad esempio la documentazione relativa alla certificazione di qualità UNI, EN, ISO 9001 e le informazioni e le procedure attinenti alla amministrazione interna dell’azienda (Tribunale di Mantova ordinanza 12.07.2002 GI2003, 304).
Ai sensi del secondo comma della norma in esame, “Costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche”.
Le informazioni di cui sopra, per essere tutelate ai sensi del primo comma dell’art. 98 CPI, devono:
a) essere segrete “nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore”;
b) avere valore economico in quanto segrete;
c) essere sottoposte “da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”.
In merito a tali requisiti, la giurisprudenza e la dottrina italiane hanno osservato quanto segue:
– requisito della segretezza: il concetto di segreto di cui all’art. 98 lett. a) viene inteso quale requisito di novità; è un concetto relativo e non assoluto. Costituisce oggetto di tutela pertanto quel complesso di conoscenze, di derivazione empirica ed attinenti all’attività produttiva e commerciale dell’impresa, che siano difficilmente conoscibili e non generalmente note, o facilmente accessibili agli esperti e operatori del settore;
– requisito del valore economico: le informazioni devono avere un valore economico in quanto soggette a vincoli di segretezza. Difatti, grazie alla segretezza, l’impresa che detiene tali informazioni si troverà in una posizione privilegiata rispetto alle altre imprese concorrenti che non le possiedono ed avrà pertanto un vantaggio sfruttabile in una attività economica;
– requisito delle misure di segretezza: ai sensi della lett. c) del primo comma dell’art. 98 CPI, le misure di segretezza devono essere ragionevolmente adeguate; è evidente quindi il carattere relativo di tale nozione che deve valutarsi in concreto, tenendo conto delle circostanze specifiche. La giurisprudenza ha ad esempio rilevato come la “precisa cura adottata dall’azienda nella rubricazione e classificazione dei documenti e nelle disposizioni impartite ai dipendenti” costituisse elemento a sostegno dell’asserita segretezza (Tribunale di Milano 31.03.2004 in GADI 4734). L’adozione delle misure di segretezza da parte dell’imprenditore ha, secondo la dottrina, una duplice finalità, una di carattere soggettivo e l’altra di carattere oggettivo.
La prima consiste nel far presente ai dipendenti e altri collaboratori dell’imprenditore la volontà del titolare dell’informazione a mantenerla segreta. Ciò si realizza mediante, ad esempio, la previsione di clausole specifiche di segretezza nei contratti di lavoro di dipendenti o collaboratori, la stipulazione di patti di non concorrenza con i lavoratori o la disposizione di atti unilaterali come ad esempio protocolli di segretazione, ordini di servizio, circolari interne.
La seconda finalità oggettiva consiste nell’impedire l’accesso a terzi esterni all’organizzazione imprenditoriale alle conoscenze riservate detenute, mediante, ad esempio, accordi di segretezza o non disclosure agreements. Si consideri che la giurisprudenza ha individuato quali misure idonee a garantire la segretezza delle informazioni nei confronti dei terzi anche l’utilizzazione di archivi informatici e databases provvisti di password e username e l’utilizzo di fogli con apposite diciture di vietata riproduzione del documento con l’indicazione dell’appartenenza delle informazioni contenute nel documento stesso all’impresa.
Le misure di segretezza devono essere predisposte da chi ha il controllo delle informazioni riservate: quindi non solo l’imprenditore, ma anche i collaboratori e dipendenti dell’imprenditore.
Chiara Morbidi