Recentemente l’avvocato generale si è trovato a rispondere ad un quesito in tema di esaurimento del diritto di distribuzione su un caso piuttosto singolare.
Una società olandese acquistava sul mercato poster riproducenti opere d’arte, regolarmente venduti sul mercato con il consenso del titolare del diritto d’autore. Questa società però non si limitava a rivendere questi poster, cosa che avrebbe potuto ben fare essendosi esaurito il diritto sul supporto che conteneva l’opera, ma “estraeva” l’immagine dal poster e la ristampava su tela andando poi a vendere una tela che riproduceva l’opera d’arte originaria.
Il caso è finito di fronte alla Corte di Giustizia che dovrà stabilire se il diritto del titolare si sia o meno esaurito ma in realtà si tratta di una questione che sembra avere poco a che vedere con il diritto di esaurimento riguardando piuttosto una questione di diritti di riproduzione.
In base al principio dell’esaurimento il titolare di un diritto d’autore che volontariamente venda la propria opera nell’ambito dello spazio economico europeo non può opporsi ai successivi atti di trasferimento realizzati dall’acquirente in quanto con la prima vendita il suo diritto si è esaurito. Si tratta di un principio riconosciuto da diversi trattati in materia di proprietà industriale ed intellettuale.
Tuttavia in materia di diritto d’autore questo principio determina talvolta dei dubbi interpretativi in quanto da un lato trasferendo la proprietà del bene (c.d. corpus mechanicum) l’autore non si priva dell’esercizio dei diritti d’autore (c.d. corpus mysticum) e dall’altro in quanto talvolta l’autore non cede il bene ma piuttosto conferisce una particolare modalità d’uso dello stesso. La Corte di Giustizia ha avuto già modo di affermare in passato che il principio dell’esaurimento di cui all’art. 4 Dir. 2001/29 CE si riferisce esclusivamente al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale e non si applica quindi alla concessione di altri diritti di sfruttamento.
Nel caso sottoposto recentemente alla Corte l’avvocato generale rileva questa particolarità ed in relazione all’attività esercitata dalla società olandese afferma: « Con detta operazione si trasferisce su una tela un’immagine inizialmente riprodotta su carta, il che implica un’evidente modifica del supporto tangibile in relazione al quale è stata autorizzata la distribuzione delle opere pittoriche. Ciò che contraddistingue tale modifica è il fatto che con il trasferimento su tela non si trasferisce l’immagine su un supporto qualsiasi, ma proprio su un supporto della stessa specie di quello in cui è incorporata l’opera originale. Pertanto, secondo me, ci si potrebbe chiedere se il diritto effettivamente in gioco sia il diritto di distribuzione o, a monte, il diritto di riproduzione dell’opera artistica nella sua integralità, vale a dire in quanto insieme costituito da un’immagine incorporata in un determinato supporto. In altre parole, si potrebbe sostenere che la Allposters non si limiti a distribuire su carta un’immagine originariamente incorporata in una tela, ma riproduca in realtà la creazione artistica integrale. Essa, in definitiva, non commercializza l’immagine di un quadro, bensì un equivalente del quadro in sé. Orbene, lasciando da parte quest’ultima considerazione (…) la risposta della Corte deve limitarsi a stabilire se, nelle circostanze del caso di specie, la modifica realizzata dalla Allposters implichi una variazione del supporto materiale di entità tale da comportare quanto meno una distribuzione delle opere riprodotte rispetto alla quale non si è esaurito il diritto garantito alla Pictoright dall’articolo 4 della direttiva 2001/29. In conclusione ritengo che, nella presente causa, il diritto della Pictoright di controllare la distribuzione delle riproduzioni delle opere in parola non si sia esaurito con la prima vendita dei poster, in quanto ciò che la Allposters intende distribuire è chiaramente un’«altra cosa», a prescindere dalla circostanza che tale «altra cosa» sia stata ottenuta mediante la manipolazione di detti poster, circostanza aleatoria, quest’ultima, che non può essere determinante.»