Il Tribunale UE sanziona l’uso del Geoblocking per impedire l’accesso a videogame online

Con Sentenza del 27.09.2023 (C T-172/21), il Tribunale dell’Unione Europea ha affermato che l’attivazione del geoblocking per impedire l’accesso ai videogiochi disponibili sulla piattaforma Steam integra una violazione del diritto europeo della concorrenza.

Come funziona il geoblocking 

Il geoblocking è una pratica, generalmente attuata localizzando l’IP dell’utente, che consente o impedisce l’accesso a siti web o contenuti digitali in base alla posizione geografica dell’utente. Si tratta di una pratica che è stata oggetto di particolare attenzione da parte delle istituzioni europee, perché potenzialmente discriminatoria: infatti, con il geoblocking si impedisce solo agli utenti di determinati territori di accedere a contenuti digitali o di acquistare online beni e servizi, che restano invece disponibili per utenti che si trovano in altri territori.

Il caso della piattaforma Steam

Dopo aver ricevuto diverse segnalazioni sull’uso del geoblocking sulla piattaforma di videogiochi Steam, nel 2021 la Commissione Europea ha accertato che il gestore della piattaforma e altri cinque editori di videogiochi avevano violato il diritto della concorrenza dell’Unione. In particolare, la Commissione ha addebitato al gestore e agli editori di aver partecipato ad un insieme di accordi anticoncorrenziali con lo scopo di limitare le vendite transfrontaliere di determinati videogiochi. Questa limitazione era stata attuata attraverso l’introduzione di funzionalità di geoblocking tra il 2010 e il 2015, in particolare nei paesi Baltici, in alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale.

A seguito della decisione della Commissione, il gestore della piattaforma ha proposto ricorso al Tribunale dell’Unione europea per ottenerne l’annullamento, sostenendo il geoblocking utilizzato fosse una misura a tutela dei diritti d’autore degli editori.

La sentenza del Tribunale dell’UE

Il Tribunale ha respinto il ricorso del gestore, ritenendo sufficientemente dimostrata l’esistenza di una pratica concordata con ciascuno dei cinque editori e volta a limitare le importazioni parallele attraverso il geoblocking delle chiavi che consentono di attivare determinati videogiochi sulla piattaforma. In questo modo si voleva impedire che i videogiochi, distribuiti in alcuni paesi a prezzi bassi, fossero acquistati da distributori o da utenti situati in altri paesi dove i prezzi sarebbero stati molto più elevati.

Pertanto, il geoblocking di cui trattasi non perseguiva un obiettivo di tutela dei diritti d’autore degli editori dei videogiochi, ma era utilizzato allo scopo di escludere le importazioni parallele di tali videogiochi e di salvaguardare l’elevato importo dei diritti riscossi dagli editori e dal gestore della piattaforma.

Rigettando i diversi argomenti difensivi del ricorrente, il Tribunale ha chiarito anche il rapporto tra il diritto della concorrenza dell’Unione e il diritto d’autore.

Al riguardo, il Tribunale ha ricordato che il diritto d’autore mira soltanto a garantire ai titolari dei diritti la facoltà di sfruttare commercialmente le proprie opere, anche concedendo licenze a fronte del pagamento di un corrispettivo.

Tuttavia, “esso non garantisce loro la possibilità di reclamare il corrispettivo più elevato possibile, né di adottare un comportamento tale da determinare differenze di prezzo artificiose tra i mercati nazionali compartimentati. Infatti, una siffatta compartimentazione e la differenza artificiosa di prezzo che ne deriva sono inconciliabili con la realizzazione del mercato interno”.

 

Ilaria Feriti