Molte aziende per risultare ai primi posti nei risultati del motore di ricerca non esitano ad utilizzare come parole chiave sponsorizzate diciture che corrispondono a marchi di propri concorrenti.
La cattiva abitudine deriva da un errore di fondo, ovvero credere che dal momento che le parole usate come keyword sono invisibili all’esterno, ciò non costituisca un illecito.
Invece non è così ed a ricordarcelo è anche la recente sentenza del Tribunale di Firenze dell’8 marzo 2017.
La questione riguardava proprio la contraffazione di un marchio mediante keyword advertising, ovvero l’inserimento su motori di ricerca di parole chiave corrispondenti a marchi di impresa utilizzate per rimandare a link verso siti di concorrenti dei titolari di detti marchi oppure verso siti nei quali sono offerti prodotti di imitazione.
Nel caso di specie si trattava in particolare del servizio AdWords di Google che, come noto, consente di visualizzare a seguito della ricerca tramite l’utilizzo della parola chiave, oltre ai risultati direttamente correlati alla key-word, links pubblicitari con un breve messaggio, a destra o sopra i risultati naturali.
Il Tribunale di Firenze, nel decidere il caso, ha condiviso l’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) espresso nella sentenza Google France del 23 marzo 2010 (procedimenti riuniti da C-236/08 a C-238/08) ed ha quindi stabilito che la questione se sussista o meno una violazione della funzione di origine del marchio – quando a partire da una parola chiave identica al marchio è mostrato agli utenti di Internet un annuncio di un terzo (ad esempio un concorrente del titolare di detto marchio) – dipende dal modo in cui tale annuncio è presentato.
In particolare, sussiste la predetta violazione quando l’annuncio non consente o consente soltanto difficilmente all’utente normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente connessa a quest’ultimo o, al contrario, da un terzo. Spetta la giudice nazionale dare una valutazione in concreto del caso.
Il Tribunale di Firenze, applicando i principi enunciati dalla CGUE, ha quindi ritenuto che, nel caso di specie, l’uso da parte dei convenuti del marchio dell’attore come parola chiave nel motore di ricerca Google, mediante l’utilizzo del servizio AdWords, che si ricollega al sito dei convenuti (concorrenti dell’attore) costituisce violazione del marchio attoreo, in particolare della funzione identificativa della sua origine, ed illecito concorrenziale.