La Ferrari S.p.A. può impedire ad un Club di sostenitori di utilizzare il marchio Ferrari senza il suo consenso.
A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione (sentenza 27.11.2013 n. 26498) che ha dato ragione alla casa di Maranello riformando le precedenti due sentenze di primo grado e di appello che le avevano invece dato torto.
Il Club si era difeso sulla base di due argomenti: in prima battuta facendo presente la tolleranza della Ferrari che per lungo tempo non si era opposta all’uso del marchio; in secondo luogo sostenendo di non svolgere un’attività di impresa e di usare il marchio in modo meramente descrittivo.
Sul primo punto la Corte ha affermato che nel caso di specie non si può applicare l’art. 28 CPI in quanto la tolleranza dell’uso del marchio, protratta per cinque anni, “convalida ” il marchio solo a condizione che il marchio sia stato registrato prima di questo periodo (nello stesso senso anche la Corte di Giustizia nel caso Budejovicky Budvar del 22.09.2011).
Sul secondo punto la Corte ha ricordato che l’art. 20 CPI vieta l’uso del proprio marchio “nell’attività economica” che è un concetto più ampio rispetto all’attività di impresa.
La stessa Corte di Giustizia ( C-236/08 del 23.03.2010; C 62/08 del 19.02.1010) aveva già avuto modo di affermare che la contraffazione del marchio sussiste quando si inserisce in un’attività commerciale finalizzata ad un vantaggio economico, da cui la Corte di Cassazione deduce che ciò si verifica ogni qualvolta l’uso non sia meramente privato.
Pertanto anche l’uso fattone da un Club di tifosi è un uso che si proietta all’esterno ed i cui servizi hanno comunque un valore economico per cui tale uso potrà avvenire solo dietro espresso consenso del titolare del marchio.