Nel giudizio relativo al carattere contraffattorio di un marchio si deve tenere conto non solo della confondibilità “diretta” che si determina al momento dell’acquisto del prodotto contraffatto, ma anche di quella successiva, che si realizza con riferimento al momento dell’utilizzazione del bene (cd. post sale confusion).
A ribadirlo è stato il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa, con una recente sentenza del 13 luglio 2017, nella causa promossa da due commercianti cinesi nei confronti della celebre azienda di moda Salvatore Ferragamo avente ad oggetto l’asserita contraffazione da parte delle attrici di un rinomato marchio europeo tridimensionale di titolarità della casa di moda fiorentina riprodotto sulle fibbie di due modelli di calzature da queste commercializzate.
A sostegno della propria posizione, le due commercianti avevano dedotto che le calzature oggetto di contestazione riportassero in realtà dei marchi differenti e fossero commercializzate ad un prezzo nettamente inferiore a quello praticato dalla società convenuta, circostanze che avrebbero dunque escluso la sussistenza di contraffazione.
Il Giudice meneghino, chiamato a dirimere la controversia, ha anzitutto ribadito che l’azione di contraffazione ha natura reale e tutela il diritto assoluto del titolare all’uso esclusivo del segno, e che dunque l’apprezzamento della contraffazione prescinde dalla confondibilità in concreto dei prodotti e dalle modalità concrete di uso del segno, ma deve essere bensì valutata con riferimento all’identità merceologica dei prodotti.
Ha poi aggiunto che nell’apprezzamento della configurazione di una contraffazione di marchio deve essere valutata anche la sussistenza di una “post sale confusion”, intesa come la confondibilità “che si determina nei terzi che vedano il prodotto riproducente il marchio imitato usato o indossato dall’acquirente, e che associano, quindi, quest’ultimo al ricordo che conservano di quello imitato, necessariamente limitato all’impressione complessiva ed essenziale dello stesso”.
Maggiore sarà la post sale confusion nel settore dei beni di lusso, per i quali il consumatore è spesso spinto all’acquisto anche da finalità ostensive.
In questo particolare settore, dove maggiore è il rischio di agganciamento da parte dei concorrenti dei titolari di marchi famosi, la differenza qualitativa tra i prodotti, la differenza di prezzo e il diverso target di clientela non eliminano il rischio di confondibilità “ma connotano ulteriormente l’illecito anche in termini di appropriazione parassitaria dei pregi del marchio rinomato”.
Ciò premesso, il Giudice ha riconosciuto ai marchi azionati dalla maison fiorentina lo status di marchi che godono di rinomanza, tutelati come tali a prescindere dalla sussistenza di qualsiasi rischio di confusione per il pubblico, ma per il solo fatto che si produca un pregiudizio alla capacità distintiva o alla rinomanza del marchio, ovvero un indebito approfittamento delle stesse, condizioni entrambe avveratesi nel caso di specie.
Lisa Crociani