Corte di Cassazione, sez. penale, sentenza n. 8791/2011
Integrano la fattispecie penale prevista dalla legge sul diritto d’autore (art.171 ter Legge n. 633/41) tutti i congegni finalizzati a rendere possibile l’elusione delle misure tecnologiche di protezione delle console videoludiche (Playstation, Wii, Xbox), sia che siano stati apposti sul software (i videogiochi), che sugli apparati hardware (le console) necessari al loro funzionamento.
La Suprema Corte ribadisce, quindi, quanto già espresso in precedenza (Cass. 33768/2007, Cass. 23765/2010), rinviando al recalcitrante Tribunale di Firenze affinché riesamini la questione tenendo conto dei principi ripetutamente affermati.
Come nelle precedenti vicende, infatti, il Tribunale di Firenze aveva negato la tutela prevista dal diritto d’autore alle componenti hardware, riconoscendola solamente al software.
Gli ermellini rilevano, invece, che, poiché la console (mero componente hardware, come tale non tutelato dal diritto d’autore) è il supporto necessario a far funzionare il software di gioco, eventuali sue modifiche integrano la fattispecie prevista dall’art. 171 ter L.d.a., in quanto consentono l’elusione delle misure tecnologiche di sicurezza che non permettono l’uso di software pirata.
Tali dispositivi di sicurezza consentono al meccanismo di protezione apposto sul software di dialogare con quello presente nell’hardware, accertando così la conformità dell’originale e consentendone la lettura.
Congegni che, indipendentemente dalla componente su cui apposti, alterino tale dialogo in modo tale da permettere l’utilizzo anche di software non originale, ottengono il risultato oggettivo di aggirare i meccanismi di protezione dell’opera protetta, ed un loro sfruttamento commerciale è pertanto vietato ex art. 171 ter L.d.a.
La vicenda italiana si inserisce nell’ambito della sempre più accesa lotta tra produttori di console ed utenti pirata.
La Sony, infatti, a seguito della recente pubblicazione del primo crack per la Playstation 3, ha minacciato di citare in giudizio chiunque scarichi la modifica necessaria a far funzionare anche i videogiochi non originali.
Nel corso del giudizio contro George Hotz, il giovane hacker statunitense ideatore del crack, la Sony ha inoltre ottenuto un’ordinanza con cui il giudice obbliga Google al rilascio dell’indirizzo IP (o di altro mezzo di identificazione) di tutti gli utenti di Youtube che hanno visualizzato o commentato il video di Hotz, in cui questi spiegava come applicare la modifica alla PS3, al fine di permettere alla multinazionale nipponica il controllo circa l’avvenuto download del crack.
In attesa dell’esito del processo, sembrerebbe quindi che persino i giudici statunitensi ritengano maggiormente meritevoli di tutela gli interessi commerciali dei produttori di videogiochi, piuttosto che la tutela della privacy degli utenti web.