Robert A. Freitas Jr., avvocato e professore universitario americano con la passione per il futuro, nel lontano 1979 scrisse un volume, Xenology and SETI, dedicato agli extraterrestri ed ai problemi giuridici che il mondo avrebbe dovuto affrontare con il loro arrivo.
Gli extraterrestri non sembra siano arrivati ma sono già tra di noi dei nuovi alieni, i robot. Lo stesso A. Freitas lo aveva ipotizzato nel 1985 quando in un piccolo paper destinato ai suoi studenti e rimasto pressoché sconosciuto scrisse su “The legal rights of robots”.
Solo oggi, dopo che sono trascorsi trentadue anni, quel piccolo testo può essere davvero compreso alla luce degli sviluppi della robotica che non può non avere ripercussioni sul piano normativo.
Sarebbe semplicistico chiudere l’argomento sostenendo che i robot sono macchine e che quindi non possono avere alcuno stato giuridico o alcuna responsabilità. Sarebbero oggetti di proprietà di qualcuno per cui del loro operato risponderebbe sempre e comunque il proprietario o chi li ha creati o programmati.
Questa affermazione non è infatti più vera mano a mano che i robot evolvono al punto tale da assumere decisioni e generare “pensieri”, perdendo la natura di mere macchine e trasformandosi sempre più in strani “esseri”. A. Freitas vide tutto questo in tempi non sospetti. Anche se all’epoca i robot erano semplicemente dei computer, Freitas si chiese cosa sarebbe successo quando queste macchine sarebbero state in grado di memorizzare informazioni e di agire in modo autonomo. A suo avviso si sarebbero dovuti introdurre dei diritti per i robot per giungere ad una robot liberation. Avrebbe dovuto essere vietato estrarre la memoria di un robot e trasferirla su un altro per evitare di alterare i suoi “ricordi” e quindi anche l’attendibilità di una sua testimonianza. Si sarebbe dovuto evitare poi la loro strumentalizzazione da parte di esseri umani che potessero pensare di usarli per commettere dei crimini.
Venti anni prima di lui Hilary Putnam del Massachusetts Institute of Technology aveva, forse per la prima volta, parlato di diritti civili per i robots. Alla fine di una dissertazione filosofica Putnam affermò che a suo parere la discriminazione basata on the softness or hardness of the body parts of a synthetic organism è tanto sciocca e discriminatoria quanto il diverso trattamento degli esseri umani sulla base del colore della pelle. Queste riflessioni diventano tanto più serie e concrete mano a mano che i robots passano dallo svolgere funzioni operative all’assumere comportamenti complessi che possono includere anche atti di altruismo, affetto, tenerezza. Non è fantascienza ma è ciò che sta già accadendo o a cui si sta lavorando in paesi come il Giappone, la Corea del Sud, gli Stati Uniti e la Cina che vedono nei robot i nuovi alleati di vita dell’uomo.
Tutto questo non può che rendere attualissima la questione dello “status” dei robot.
Se non sono macchine come tutte le altre e se al tempo stesso non sono esseri umani si rende necessario qualificarli ed attribuire loro uno stato giuridico a cui riferire poi una serie di regole specifiche.
L’Europa lo ha capito anche se a sua volta, almeno al momento, fa presente la necessità di una qualificazione giuridica dello stato di robot ma non si spinge fino ad una vera regolamentazione.
Lo scorso 16 Febbraio il Parlamento europeo ha approvato con 396 voti favorevoli, 123 contrari e 85 astenuti la relazione di Mady Delvaux sui diritti dei robot di cui abbiamo già scritto (articolo di Laura Turini, pubblicato su Il Sole 24 Ore del 18.12.2016).
Il Parlamento ha invece bocciato la proposta di prevedere una tassa sui robot o un reddito sostitutivo per arginare il problema, presto attuale, della perdita di posti di lavoro dovuti all’ingresso sul mercato dei robot. Problema sentito anche da Bill Gates che ha a sua volta suggerito l’introduzione in America di una tassa sui robot in vista di quello che potrebbe diventare un serio problema sociale.
Adesso tutto passerà alla Commissione Europea che dovrà decidere se e quale normativa introdurre in concreto.
Il punto centrale, al momento, sarà la responsabilità dei robot per i danni che potranno arrecare alle cose ed alle persone, ma sul piatto della bilancia sono molti gli aspetti che dovranno essere considerati, anche di carattere etico oltre che di sicurezza.
È proprio di questi giorni la notizia che il computer Libratus ha sconfitto ripetutamente i migliori giocatori di poker, cosa che non era riuscito a fare negli ultimi due anni. Questo perché nel corso delle partite è stato implementato un algoritmo che consente al computer di autoapprendere dai comportamenti altrui.
Il timore di una supremazia dei robot sugli esseri umani è molto forte e questa sarà la vera sfida che siamo chiamati ad affrontare anche dal punto di vista normativo, oltre che tecnologico e culturale.