Il Codice della Proprietà Industriale (D. Lgs. 5/2003) all’art. 98 prevede una tutela specifica delle “informazioni segrete”, meglio note con il termine inglese di “know-how” e stabilisce quali caratteristiche devono avere per potere essere protette.
Per “informazioni segrete” si intendono tutte le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, che abbiano un valore economico, da ricollegarsi direttamente alla loro segretezza.
Dette informazioni per potere essere tutelate devono essere, ovviamente, segrete, ovvero non devono essere già note nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi alla generalità dei consociati oppure essere facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore. La segretezza non deve essere intesa in senso assoluto. Ciò che si richiede è che l’acquisizione delle informazioni richieda un lavoro intellettuale di notevole impegno ed individuale, tale che il reperimento di esse non sia possibile con una semplice opera di consultazione. Da qui il loro valore economico. Ciò non significa, invece, escludere che altri operatori siano in possesso delle stesse conoscenze: sarà necessario, però, che questi non siano numerosi e che mantengano segrete quelle informazioni.
Tali informazioni devono inoltre essere “protette” in modo idoneo, ossia sottoposte, da parte di chi ne ha il legittimo controllo, a misure “ragionevolmente adeguate” ad assicurarne il mantenimento della segretezza. Il controllo “legittimo” è quello operato da chi ha ideato o combinato le informazioni, ma anche quello di chi le ha acquisite a seguito di cessione o licenza e di chi ne fa uso o le detiene col consenso o autorizzazione dell’avente diritto.
Il comma 2 dell’art. 98 prevede poi una disposizione specifica per i prodotti chimici, farmaceutici ed agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche: in tal caso, sono oggetto di tutela anche i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immissione in commercio dei prodotti stessi.
Dunque è necessario che le informazioni tutelate presentino il carattere della meritevolezza, sia da un punto di vista contenutistico, per il loro valore economico, sia da quello delle precauzioni assunte dal titolare, che proprio in virtù degli sforzi e delle iniziative assunte ha dimostrato il proprio interesse alla tutela.
Quanto a questo ultimo presupposto, si richiede la predisposizione di quelle misure che possano prevenire e neutralizzare le violazioni che sono ragionevolmente “prevedibili ed evitabili”. Volendo precisare in cosa consista la protezione o segretazione delle informazioni, due sono gli elementi che devono sussistere: innanzitutto, la predisposizione di sistemi di sicurezza adeguati (protezione fisica); in secondo luogo, si devono informare chiaramente i soggetti a cui le informazioni vengono trasmesse (si pensi, in particolare, ai dipendenti, collaboratori e consulenti) sul carattere riservato della comunicazione e sulla determinazione di mantenerle segrete, preferibilmente con espliciti patti di riservatezza (protezione giuridica).
Il successivo art. 99 CPI sancisce, salvo l’applicazione delle norme sulla concorrenza sleale, il divieto, non solo di rivelare od acquisire, ma anche di utilizzare le informazioni e le esperienze aziendali di cui all’art. 98 CPI. E’ chiaro che del tutto lecito sarà l’utilizzo di queste da parte dei terzi a cui siano state comunicate per necessità aziendali dal soggetto che ne ha il legittimo controllo (collaboratori, etc.) e nei limiti del consenso. Al di fuori o oltre i limiti del consenso del titolare delle informazioni segrete, l’utilizzo sarà in ogni caso illecito o scorretto.