Il patrimonio artistico italiano ha incassato una nuova vittoria contro gli abusi a danno della propria immagine.
Una recente ed interessante pronuncia di merito in tema di riproduzione dell’immagine di beni culturali fa eco all’ordinanza del Tribunale di Firenze, emessa a distanza di poche settimane, con la quale è stata dichiarata illecita la riproduzione per scopi commerciali dell’immagine del David di Michelangelo, in mancanza di autorizzazione amministrativa e di corresponsione del relativo canone di concessione.
Si tratta della sentenza del Tribunale di Palermo pubblicata il 21 settembre 2017, n. 4901, con la quale il Collegio, in accoglimento parziale della domanda della Fondazione Teatro Massimo, ha condannato una banca al risarcimento del danno per l’illecito utilizzo a fini pubblicitari dell’immagine del Teatro Massimo di Palermo, di titolarità esclusiva della Fondazione per espressa previsione di legge.
La Banca aveva infatti utilizzato l’immagine del celebre monumento in una propria campagna pubblicitaria ideata per promuovere le agenzie presenti sul territorio, e ciò senza previa autorizzazione da parte dell’autorità consegnataria del bene, né dietro corresponsione di alcun canone di riproduzione.
La Fondazione aveva dunque richiesto la condanna della convenuta al risarcimento del danno patrimoniale per mancata riscossione della somma dovuta a titolo di canone di concessione, nonché del danno non patrimoniale derivante dall’illegittimo sfruttamento dell’immagine del monumento storico per fini di lucro.
Il Tribunale di Palermo ha ritenuto doversi accogliere la sola domanda di risarcimento del danno patrimoniale avanzata da parte attrice.
In particolare ha ricordato il Giudice che, sulla base del combinato disposto degli artt. 107 e 108 del Codice dei beni culturali, sussiste un generalizzato obbligo di richiesta di concessione per la riproduzione dell’immagine dei beni culturali a fini commerciali, dietro corresponsione in via anticipata di un corrispettivo il cui importo è determinato dall’autorità che ha in consegna il bene tenendo conto di una serie di fattori, quali le modalità, la durata e la destinazione delle riproduzioni.
Obbligo non adempiuto dalla convenuta nel caso di specie, la cui eccezione relativa alla sussistenza di una cd. “libertà di panorama” è stata respinta.
Quanto alla liquidazione del danno patrimoniale, corrispondente al cd. “prezzo del consenso”, il Giudice palermitano ha individuato i criteri da applicarsi in via suppletiva quando, come nel presente caso, non viene fornita la prova di quello che sarebbe stato l’ammontare dell’eventuale canone di concessione.
In questi casi, ha stabilito il Giudice, potrà farsi applicazione dei parametri tariffari stabiliti in via centralizzata dall’ormai superato D.M. dell’8/4/1994.
In merito, infine, alla risarcibilità dell’asserito danno non patrimoniale, il Giudice, pur ribadendo l’astratta tutelabilità del diritto all’immagine in capo alle persone giuridiche e la conseguente risarcibilità del “danno cd. conseguenza” consistente nella diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente in cui si esprime la sua immagine, ha ritenuto non integrato nel caso di specie alcun danno, non essendo state le modalità di riproduzione poste in essere né denigratorie né lesive del valore storico-artistico del teatro.
I titolari dei beni culturali potranno dunque percorrere la doppia strada del risarcimento patrimoniale per la mancata riscossione dei canoni di riproduzione, e del danno non patrimoniale, se provato, quando l’immagine delle opere e dei monumenti del nostro patrimonio storico-artistico vengano svilite come spesso avviene.