App mobile payment: tra plagio e concorrenza sleale

Il Tribunale di Milano (ordinanza 03.12.2019) si è pronunciato in merito all’azione promossa da una società titolare di una app di pagamento, presente sul mercato dal 2015, nei confronti di una società che aveva lanciato una app con finalità analoghe nel 2018.

La ricorrente sosteneva che, dato il carattere fortemente innovativo della propria applicazione e l’immediato successo tra il pubblico, la concorrente avesse replicato esattamente la propria soluzione attraverso l’indebita riproduzione del software, della banca dati e della c.d. user experience.

La resistente avrebbe inoltre, a suo dire, sistematicamente replicato non solo le innovative funzioni di volta in volta ideate dalla ricorrente, ma avrebbe altresì ripreso le sue scelte grafiche e linguistiche a livello promozionale.

Secondo la società ricorrente ciò sarebbe avvenuto attraverso l’indebita sottrazione di informazioni riservate nell’ambito di pregresse trattative intercorse tra le parti aventi ad oggetto l’integrazione della app della ricorrente.

 

Il Giudice milanese, dopo avere esaminato le due APP dal punto di vista del diritto d’autore, ha ricordato che:

  • un programma per elaboratore è tutelalo dall’art. 1, paragrafo 2. della Direttiva 91/50 in tutte le sue forme di espressione, sia quale codice sorgente sia quale codice oggetto, estendendosi la tutela anche ai lavori preparatori di progettazione del programma;
  • le banche dati sono tutelate ai sensi della legge sul diritto d’autore quando la scelta e la disposizione dei dati in esse contenute costituisca una autonoma espressione originale della libertà creativa del suo autore (Corte Giustizia, sentenza 2.4.2012. C-604/10). I dati devono quindi essere organizzati con criteri personali, soggettivi, attraverso scelte non usuali e standardizzate o imposte dalla logica della materia trattata;
  • non sono oggetto di tutela né le funzionalità del programma né il linguaggio di programmazione.

Il Tribunale ha inoltre ricordato che

«la tutela autoriale dei programmi per elaboratore concerne unicamente la forma di espressione – il suo c.d. aspetto formale – e non il contenuto – ossia le idee, i principi, i metodi e le tecniche o le formule – né tantomeno l’individuazione delle funzioni destinate a risolvere le esigenze dell’utente. Quest’ultimo limite segna, tra l’altro, la distinzione tra l’alveo del diritto d’autore e quello della tutela brevettuale sugli insegnamenti tecnici».

A seguito di un esame tecnico svolto tramite CTU è sostanzialmente emerso che entrambe le App hanno un gradiente di creatività: la prima in quanto «costituisce una combinazione di funzionalità già singolarmente implementate da singole applicazioni ma mai tutte insieme nello stesso prodotto», la seconda in quanto «frutto di autonomo sviluppo e non qualificabile come opera derivata, quale codice sorgente».

Inoltre «l’implementazione delle medesime funzioni – ove non derivi dal plagio del codice sorgente o della relativa banca dati – non può in sé ritenersi illecita» quando la forma espressiva dei due software è autonoma e diversa, in quanto «ammettere che la funzionalità di un programma per elaboratore possa essere tutelata…equivarrebbe ad offrire la possibilità di monopolizzare le idee, a scapito del progresso tecnico e dello sviluppo industriale» (sul punto, v. CGUE, 2 maggio 2012, causa C-406/10).

Sulla base di tali considerazioni il Tribunale ha quindi escluso il plagio almeno in questa prima fase cautelare, rinviando al giudizio di merito ogni più opportuno approfondimento.

Al contrario, ha invece ritenuto che la resistente avesse compiuto atti di concorrenza sleale parassitaria, ai sensi dell’art. 2598, 3° comma, c.c., in quanto la stessa si sarebbe  «procurata in modo illecito un vantaggio concorrenziale offrendo, pressoché integralmente, alcune opzioni della piattaforma avversaria e alcune modalità di presentazione all’esterno, inserendosi con maggiore rapidità sul medesimo mercato, con un indebito risparmio sui costi e sui tempi occorrenti a predisporre una propria autonoma soluzione per i profili sopra indagati» (cfr. Tribunale di Milano, sentenza 28.6.2018).

Il Giudice ha dunque accolto parzialmente la domanda cautelare, inibendo alla resistente la prosecuzione delle condotte di concorrenza sleale parassitaria per l’arco temporale di un anno.