“Cambiaste un Ferrari por un Twingo
Cambiaste un Rolex por un Casio”
Questi i versi del nuovo singolo della celebre cantautrice colombiana che, in soli 5 giorni, ha raggiunto centinaia di migliaia di visualizzazioni in tutto il mondo. La canzone è un chiaro attacco nei confronti dell’ex compagno Gerard Piqué, che avrebbe cambiato una Ferrari con una Twingo, diffuso a seguito della separazione tra i due e dell’ufficializzazione della nuova relazione di lui con la giovane modella Clara Chia Marti.
Subito dopo il debutto del singolo, si è assistito ad un serrato botta e risposta mediatico tra i due ex, nel quale si sono inseriti anche i titolari dei marchi citati da Shakira e, da ultimo, anche l’EUIPO.
Al di là del pubblico dissing tra Shakira a Piqué, i versi in questione menzionano quattro marchi notori, due dei quali (“Twingo” e “Casio”) usati dalla cantautrice come termine di paragone negativo, in funzione indirettamente dispregiativa e, a quanto sembra, senza alcun precedente accordo con i titolari dei marchi.
Ma un simile uso dei marchi notori è sempre libero e legittimo?
L’art. 9 del Reg. UE 2015/2424 sul marchio dell’Unione Europea, al pari del vigente codice di proprietà industriale, riconosce al titolare del marchio il diritto di vietare ai terzi l’uso del proprio marchio se “l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio UE o reca pregiudizio agli stessi”. Tuttavia, oltre ai diritti esclusivi riconosciuti al titolare del marchio esiste il diritto fondamentale alla libertà di espressione che, a determinate condizioni, prevale sui primi.
Al riguardo, anche Direttiva (UE) 2015/ 2436, in materia di marchi d’impresa, riconosce che “L’uso di un marchio d’impresa da parte di terzi per fini di espressione artistica dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale”. (Considerando n. 27).
Pertanto, per valutare se l’uso non autorizzato di un marchio in ambito artistico violi i diritti di marchio del titolare, va operato un delicato bilanciamento tra i diritti in gioco, verificando se la finalità prevalente dell’uso del segno sia effettivamente quella di esprimersi artisticamente (anche attraverso la critica o l’ironia) e, in caso affermativo, se tale finalità danneggi ingiustamente l’immagine del brand. In altre parole, va compiuta un’attenta valutazione caso per caso.
Non è certo la prima volta che un brano musicale menziona marchi famosi: si pensi a “Rolls Royce” di Achille Lauro all’uso dei marchi della Deutsche Grammophon GmbH sulla copertina dell’album “Gattini” di Elio e le Storie Tese. In quest’ultimo caso, il Tribunale di Milano ha affermato che l’uso del marchio da parte della band milanese fosse autoironico e che, anche se l’operazione aveva procurato un vantaggio economico al gruppo, nel caso in questione lo scopo principale dell’uso (non autorizzato) del marchio fosse quello parodistico e non quello di sfruttamento economico della notorietà dei marchi.
In materia, il leading case statunitense è rappresentato dalla decisione Mattel, Inc. v. MCA Records, Inc., relativa all’uso del marchio “Barbie” nella canzone “Barbie Girl” del gruppo Aqua. Anche in questo caso, i giudici hanno ritenuto che il riferimento a Barbie fosse ironico e, quindi, lecito in forza della libertà di espressione.
Diverso il caso dell’opera di Nadia Plesner, Simple living (2008), dove l’artista aveva usato i marchi Louis Vuitton in un suo dipinto per denunciare la situazione di povertà in Darfur. In particolare, nell’opera era raffigurato un bambino in grave stato di denutrizione che indossava una borsetta Louis Vuitton. In quel caso, con decisione poi ribaltata nel 2011 dalla Corte dell’Aja, i giudici avevano ritenuto che la riproduzione del design di Louis Vuitton da parte dell’artista le avesse fatto conseguire un indebito vantaggio commerciale in danno della società titolare, la cui immagine veniva indebitamente accostata al genocidio in Darfur.
Riassumendo: anche se l’espressione artistica, intesa come declinazione della libertà di espressione, tendenzialmente prevale sul diritto del marchio, è comunque necessario che l’uso del marchio in ambito artistico non danneggi l’immagine del marchio e che questo uso non sia principalmente finalizzato a sfruttarne economicamente la rinomanza.
Quindi, l’uso dei marchi “Casio” e “Twingo” da parte di Shakira potrebbe essere contestato dai due titolari o prevarrebbe il diritto di espressione della cantautrice?
Per ora, nessuna delle due società sembra intenzionata ad agire nei confronti di Shakira ma anzi, entrambe hanno sfruttato l’inaspettata risonanza mediatica ottenuta grazie al singolo attraverso mirate campagne di marketing. Non si piò però escludere con certezza che le due società possano comunque dimostrare di aver subito un danno d’immagine.
Sulla vicenda è intervenuto anche l’EUIPO, che con tweet ironico, ha richiamato l’attenzione sull’importanza della registrazione:
“Changing a Rolex for a Casio ?
Whatever you do, make sure it is a registered trade mark or design. Authentic goes a long way”.
Ilaria Feriti