Sono molte le aziende, anche multinazionali, che utilizzano gli influencer per la promozione dei propri prodotti e servizi.
Uno dei principali vantaggi per le aziende di optare per tale canale promozionale risulta essere sicuramente il fatto che è possibile raggiungere con facilità milioni di persone, ossia i followers dell’influencer in questione. In particolare, viene sfruttata la sua notorietà e la relativa capacità di persuasione al fine di orientare le scelte di acquisto dei propri followers, che assumono così la veste di consumatori. Questo fenomeno ha creato un mercato in cui la promozione digitale gioca un ruolo fondamentale nelle strategie di marketing e sviluppo dell’attività imprenditoriale.
Sebbene gli influencer siano molto importanti nella comunicazione social delle aziende, la loro figura e le attività svolte non risultano essere ancora regolamentate da un quadro normativo definito.
In seguito alla grande risonanza mediatica del caso Pandoro a marchio Chiara Ferragni, di cui abbiamo parlato in questo articolo, si è manifestata la necessità di definire in modo più chiaro e trasparente l’attività svolta dagli influencer.
A gennaio di quest’anno, l’Agcom ha pubblicato le nuove linee guida che indicano requisiti, criteri, responsabilità e obblighi che gli influencer sono tenuti a rispettare per svolgere le loro attività.
Sempre in questo ambito, una sentenza del Tribunale di Roma ha affrontato il tema dell’inquadramento dell’influencer, fornendo interessanti considerazioni.
La Sentenza del Tribunale di Roma e la riqualificazione degli influencer
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2615 del 4 marzo 2024, ha posto un significativo punto giurisprudenziale in relazione alla qualificazione della figura dell’influencer all’interno del nostro ordinamento.
Sostanzialmente, il Tribunale ha confermato l’esito di un’ispezione condotta dalla Fondazione Enasarco nel 2022, attribuendo agli influencer la qualifica di agenti di commercio ai sensi dall’art. 1742 c.c. se la loro attività viene svolta in modo non sporadico o episodico, ossia limitato a singoli affari determinati.
Inoltre, la sentenza ha evidenziato che l’attività dell’influencer in questione non si limitava alla semplice pubblicizzazione, ma includeva l’uso di link e codici sconto che facilitavano l’accesso diretto alla piattaforma di e-commerce della società per la quale l’influencer espletava l’attività promozionale, configurando così un vero e proprio rapporto di agenzia.
Conseguentemente, la società coinvolta nel procedimento è stata condannata al pagamento dei contributi previdenziali e le indennità derivanti dalla risoluzione del rapporto, oltre alle sanzioni e agli interessi.
Considerazioni finali
La sentenza del Tribunale di Roma risulta essere la prima ad aver affrontato la tematica relativa all’inquadramento della figura dell’influencer. Pertanto non può essere ignorata, specialmente considerando l’attenzione crescente del legislatore e delle autorità fiscali in relazione al mondo della promozione digitale.
La decisione in esame riflette l’evoluzione del mercato e l’importanza crescente degli influencer nelle strategie di marketing delle aziende. Essa impone alle imprese di riconsiderare i rapporti contrattuali con gli influencer per adeguarsi alle normative vigenti ed evitare sanzioni.
La riqualificazione degli influencer quali agenti di commercio ha come conseguenza quella di conferire agli stessi influencer maggiori tutele grazie ad una disciplina del settore più chiara e uniforme ma impone un aumento dei costi per le aziende, relativi al versamento dei contributi previdenziali e altre indennità.
In definitiva, la sentenza rappresenta un passo significativo verso la maturazione e la professionalizzazione della figura dell’influencer, adeguando la relativa attività alla normativa vigente e riconoscendo la crescente importanza del suo ruolo all’interno del mercato.
Elena Bandinelli