C’era una volta la società W. che su incarico della società S. si occupava di riempire lattine recanti marchi simili a quelli della Red Bull con una bevanda somigliante a quella contenuta nelle lattine originali. La W. non produceva né le lattine né la bevanda ma riceveva entrambe dalla S. ed il suo lavoro consisteva esclusivamente nel riempire le prime con il liquido che gli veniva fornito. Alla Red Bull tutto questo non andava particolarmente a genio e citava in giudizio la W. chiedendo che fosse condannata per contraffazione marchio in quanto, in ogni caso, essa maneggiava lattine che recavano il marchio contraffatto. Il Tribunale ha dato inizialmente ragione alla Red Bull stabilendo che “il riempimento delle lattine da parte della W. deve essere assimilato a un uso dei segni apposti sulle medesime dalla S. Esso ha fatto riferimento, a tale riguardo, alla funzione di origine del marchio nonché alla circostanza che, per il tipo di prodotti di cui trattasi – vale a dire bevande – un marchio o segno non può essere apposto in altro modo che combinando la bevanda con una confezione già provvista di quel marchio. Combinando l’estratto allungato e le lattine recanti i segni controversi per ricavarne il prodotto finale, la W. apporrebbe tali segni su detto prodotto, pur non avendoli apposti sulle lattine.” La decisione non ha però convinto del tutto ed è stato proposto ricorso alla Corte di Giustizia che con decisione del 15.12.2011 (C-119/10) ha dato un’interpretazione diversa. Richiamandosi a quanto già deciso nella sentenza Google France e Google (punto 57) la Corte ha ribadito che “il fatto di creare le condizioni tecniche necessarie per l’uso di un segno e di percepire un compenso per tale servizio non significa che colui che fornisce tale servizio faccia a sua volta uso di detto segno”. Analogamente quindi una società che “si limiti al riempimento, su incarico e secondo le direttive di un terzo, di lattine già provviste di segni simili a marchi e quindi alla mera esecuzione di una parte tecnica del processo di produzione del prodotto finale, senza avere il minimo interesse nella presentazione esterna di tali lattine e, in particolare, dei segni che vi figurano, non fa a sua volta «uso» di tali segni ai sensi dell’art. 5 della direttiva 89/104, ma crea unicamente le condizioni tecniche necessarie per consentire a detto terzo di fare siffatto uso.” Storia a parte, si tratta di una decisione molto importante il cui principio potrà trovare applicazione anche in settori molto diversi da quello specifico del caso in esame.
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