Il D. Lgs. 131/2010 ha introdotto nel nostro ordinamento il comma terzo dell’art. 79 CPI in base al quale «in un giudizio di nullità il titolare del brevetto ha facoltà di sottoporre al giudice, in ogni stato e grado del giudizio, una riformulazione delle rivendicazioni che rimanga entro i limiti del contenuto della domanda di brevetto quale inizialmente depositata e non estenda la protezione conferita dal brevetto concesso».
La norma nazionale attua quanto previsto dall’art. 138, 3 comma, della CBE per il quale «Nelle procedure dinanzi ai tribunali o all’amministrazione competente concernenti la validità del brevetto europeo il titolare del brevetto può limitare il brevetto modificando le rivendicazioni»
Dopo la riforma del 2010 mi pare non ci sia più alcun dubbio sul fatto che le limitazioni in corso di causa al brevetto concesso non consistono soltanto nella cancellazione di alcune rivendicazioni o nell’accorpamento di una o più rivendicazioni dipendenti alla rivendicazione indipendente ma possono altresì consistere nella elaborazione della preesistente rivendicazione indipendente attingendo anche dal contenuto del brevetto stesso (descrizione e/o disegni) purché, ovviamente, questa operazione non si traduca in un’estensione delle protezione oltre quanto già contenuto nella domanda originaria in quanto se così fosse il brevetto sarebbe nullo, sia ai sensi dell’art. 76, comma 1, lett. c) CPI che ai sensi dell’art. 123.2 e art. 123.3 CBE.
Come è stato correttamente evidenziato esistono attualmente tre diversi “tipi” di limitazione del brevetto concesso: una prima limitazione può avvenire in seno ad un giudizio di opposizione di fronte all’EPO ai sensi dell’art. 99 CBE che non trova una procedura corrispondente nel nostro ordinamento interno; una seconda limitazione è quella che può essere richiesta in via amministrativa all’Ufficio, ai sensi dell’art. 105a CBE e dell’art. 79, 1 e 2 comma CPI; un terzo tipo di limitazione che è quella che qui ci interessa che può essere richiesta nel corso del giudizio ai sensi dell’art. 79, 3 comma CPI.
Quest’ultimo tipo di limitazione può avere aspetti che la fanno “assomigliare” alla limitazione in corso di opposizione ma sembra più corretto considerarla un “tertium genus” e quando viene richiesta nel corso di una causa di contraffazione pone problemi che l’EPO non si pone in quanto si occupa solo del titolo in una fase statica, ovvero prima ed indipendentemente dal suo azionamento in giudizio.
L’art. 68 CBE prevede che la limitazione, sia essa intervenuta in sede di opposizione o in sede di limitazione ex art. 105a, ha effetto “ex tunc” anche se, nel caso la limitazione sia richiesta al di fuori di un procedimento di opposizione non pare sia certa la possibilità di introdurre limitazioni apportate estrapolando materia dal testo della descrizione (“At the present it is not clear whether new dependent claims or features from the descripion may be included”, commento all’art. 105a CBE in The annotated Erupean Patent Convention, edizione aggiornata al 15.11.2012).
Il Codice della proprietà industriale nulla dice in merito agli effetti della limitazione e le posizioni espresse, mi parrebbe al momento solo in dottrina, oscillano tra il riconoscimento di un effetto “ex tunc”, sostanzialmente per analogia con il disposto dell’art. 68 CBE, ed il riconoscimento di un effetto “ex nunc” in ragione del fatto che la limitazione rappresenterebbe una rinuncia ad una parte, più ampia, del brevetto.
L’effetto “ex tunc” della limitazione, previsto a garanzia dei terzi che si trovano “ab origine” a rispondere di contraffazione per ipotesi più limitate rispetto a quelle originali, risulta particolarmente insidioso nel caso in cui la limitazione, operata aggiungendo una caratteristica particolare non presente nelle rivendicazioni originarie come visto sopra, avvenga nel corso del giudizio.
Una tale limitazione produce infatti contemporaneamente un effetto “abrogativo” ed un effetto per così dire “novativo” come si evince dall’art. 76, comma 2, CPI in base al quale «se le cause di nullità colpiscono solo parzialmente il brevetto, la relativa sentenza di nullità parziale comporta una corrispondente limitazione del brevetto stesso, e nel caso previsto dall’art. 79, comma 3, stabilisce le nuove rivendicazioni conseguenti alla limitazione».
Così se un brevetto rivendica un prodotto X che ha le caratteristiche A e B ed il titolare, verificata la nullità di X= A+ B (ad esempio per preesistente prior art), chiede al Giudice di limitare il brevetto ad una caratteristica secondaria descritta, ma non rivendicata in precedenza, C, cancellando la rivendicazione X=A+B e sostituendola con una nuova rivendicazione X= A+B+C, avremo una dichiarazione di nullità parziale del brevetto per la parte X= A+B e la statuizione di una nuova rivendicazione X=A+B+C.
Nessuno dubita che, se non si va oltre il contenuto della domanda iniziale e si precisa quanto già rivendicato in precedenza, l’operazione di cui sopra limita il brevetto in quanto il titolare dichiara di essere interessato a fare valere i propri diritti solo nei confronti di chi attua A+B+C e non più di coloro che attuano soltanto A+B.
Ciò nonostante la limitazione “aggiuntiva” effettuata, ripeto, attingendo caratteristiche al testo della descrizione, potrebbe avere un effetto critico in quanto la rivendicazione X= A+B+C, poniamo del tutto valida, era assente dal set delle rivendicazioni volute e richieste dal titolare prima di quel momento e questa assenza ha comportato un affidamento del terzo sulla nullità della rivendicazione X= A+B che rischia di essere travolto.
Le rivendicazioni svolgono un ruolo fondamentale anche di certezza del diritto in quanto «nelle rivendicazioni è indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto».
Le rivendicazioni sono una dichiarazione di volontà con la quale l’inventore indica ai consociati «ciò che intende debba formare oggetto del brevetto» e sebbene tale dichiarazione contenga anche il “minus” (che possa essere descritto ma non rivendicato) il terzo non può essere chiamato ad esaminare la validità del brevetto fino al punto di dovere prevedere tutte le possibili limitazioni, ottenibili dalla domanda, a cui il titolare potesse essere eventualmente interessato qualora il brevetto come rivendicato fosse nullo anche perché si tratterebbe in larga parte di una valutazione del tutto ipotetica.
Il terzo che esamina un brevetto non può che fare affidamento sulle rivendicazioni pubblicate a lui opponibili e se, esaminando tale testo, si convince che il brevetto è nullo, ad esempio per la prior art reperita, attuerà in buona fede le caratteristiche rivendicate affette da nullità, ancorché non dichiarata da sentenza, considerati gli effetti “ex tunc” della declaratoria di nullità di cui all’art. 76 CPI.
La buona fede e l’affidamento del terzo rischiano però di essere adesso travolte nel caso in cui, nel corso di una causa di nullità, il titolare del brevetto chieda una limitazione che si traduce nell’introduzione di una rivendicazione del tipo X= A+B+C vista prima, e dunque introducendo un nuovo elemento tecnico “ripescato” dalla descrizione e che molto difficilmente il terzo avrebbe avuto modo di verificare o prevedere. Tale sistema presumibilmente introduce un elevato grado di incertezza per i terzi contrariamente al principio della certezza che “devono” garantire le rivendicazioni di un brevetto.
Il caso che ci preme è quello di un’azione di contraffazione promossa dal titolare di un brevetto nei confronti di un terzo presunto contraffattore a seguito della quale il terzo, costituendosi in giudizio proponga domanda riconvenzionale di nullità del brevetto ben fondata su una schiacciante prior art. Il titolare del brevetto, in tal caso, avrà interesse a chiedere una limitazione attingendo al testo ed ai disegni della descrizione al fine di ottenere il riconoscimento da parte del Giudice della validità del brevetto se pure in una forma limitata.
Potrebbe però accadere, ed anzi spesso accadrà, che nelle rivendicazioni limitate venga richiamata una caratteristica, sicuramente presente nel testo originario della descrizione in quanto altrimenti non sarebbe ammissibile, che però non era stata rivendicata “specificamente” in precedenza e che proprio quella sia la caratteristica che si ritrova nel prodotto del terzo chiamato in contraffazione.
Ci si troverebbe pertanto ad avere in uno stesso giudizio un testo brevettuale, invocato al momento della domanda, rispetto al quale il terzo non era in contraffazione in quanto il set originario di rivendicazioni era palesemente nullo ed un nuovo testo brevettuale “formatosi” in corso di giudizio rispetto al quale il terzo si trova adesso ad essere in contraffazione in quanto in tale veste il brevetto è valido.
Ne consegue che nel momento in cui ha ricevuto l’atto di citazione il terzo ha esaminato la propria posizione rispetto ad un testo pubblicato ed a lui opponibile per cui X=A+B palesemente nullo ed in base a tale nullità ha operato le proprie scelte commerciali e difensive del tutto corrette in quel momento ma che si sono rivelate “ex post” del tutto errate sulla base della nuova rivendicazione X=A+B+C.
Qualcuno potrebbe sostenere che la scelta di attuare un’invenzione nonostante il brevetto, ritenuto nullo dal terzo, è una pura scelta personale che nulla toglie alla condizione di contraffazione almeno sino a quando il giudice non emetta un’eventuale sentenza di nullità del brevetto, per cui si configurerebbe una continuazione dell’atto contraffattivo, ma la sentenza che decide sulla nullità è una sentenza meramente dichiarativa di una situazione già esistente al momento della domanda di nullità ed il terzo ben poteva farvi affidamento.
Non sarei sicura che la stessa natura dichiarativa possa riscontrarsi in relazione alla parte della sentenza che «stabilisce le nuove rivendicazioni conseguenti alla limitazione» che mi parrebbe avere invece una natura costitutiva.
Si potrebbe altresì sostenere che era onere del terzo verificare anche la possibilità che il titolare limitasse il brevetto nel modo indicato e, certamente, se la giurisprudenza non opererà dei correttivi il terzo dovrà farlo, ma si tratta di un onere estremamente gravoso che crea un forte sbilanciamento degli interessi e può paralizzare del tutto la libertà altrui.
Di fronte ad un brevetto di trecento pagine con dieci rivendicazioni tutte nulle il consulente chiamato a rispondere al proprio cliente in ordine alla nullità del brevetto si troverebbe nella posizione di dovere esaminare le rivendicazioni ed ulteriormente a) prevedere la possibilità che il titolare chieda una limitazione in corso di causa; b) ipotizzare se il tipo di limitazione che potrebbe essere richiesta sia ritenuta ammissibile dal Tribunale andando ad esaminare tutto il contenuto della domanda, inclusi ovviamente gli aspetti di novità ed attività inventiva; c) immaginare se il titolare potrebbe avere interesse a richiedere quella limitazione oppure no, visto che una limitazione, pur utile a colpire un contraffattore potrebbe essere per il titolare (ma solo lui può saperlo) svantaggiosa da altri punti di vista ad esempio in quanto potrebbe impedire una limitazione di tipo diverso che gli consentirebbe di aggredire un numero maggiore di contraffattori.
Il tutto senza considerare che il terzo dovrebbe svolgere un ragionamento ipotetico di contraffazione sulla base di una dichiarazione di volontà (limitativa) non ancora espressa dal titolare, circostanza questa che mi pare poco coerente con l’art. 52 CPI.
D’altro lato se al terzo si volesse imporre un tale onere non si comprende perché la stessa cautela non debba essere richiesta al titolare del brevetto che prima di agire in giudizio dovrebbe bene accertare la validità del suo titolo e, auspicabilmente, limitarlo prima di intraprendere un’azione legale se ravvisa una sua possibile nullità.
L’affidamento del terzo ed il contemperamento degli interessi sono questioni importanti e non possono essere sottovalutate. Se ne occupa lo stesso art. 52 CPI, conformemente all’art. 69 CBE e Art. 84 CBE, laddove affermando la centralità delle rivendicazioni ribadisce che la loro interpretazione deve avvenire in modo da «garantire nel contempo un’equa protezione dal titolare ed una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi».
Dal punto di vista processuale mi parrebbe che citare in giudizio un terzo perché sia accertata la contraffazione del brevetto n. 12345 significhi chiedere al Giudice di valutare se il terzo è in contraffazione rispetto al testo delle rivendicazioni del brevetto n. 12345 valide ed opponibili nel momento in cui viene notificata la citazione.
Nel caso ipotizzato prima dell’intervenuta limitazione il terzo credeva in buona fede di essere (ed in effetti era) non in contraffazione dato che il brevetto era nullo, situazione che viene completamente ribaltata a seguito della limitazione.
Non vi è chi non veda che a seguito di una domanda di limitazione cambia anche il thema decidendum in ordine alla contraffazione che, all’inizio del processo, doveva essere valutata rispetto a X=A+B (dichiarata poi nulla) e, ad un certo momento, deve essere valutata rispetto a X= A+B+C.
In questo mutamento potrebbe ravvisarsi una modifica della “causa petendi” in quanto i fatti posti a fondamento dell’azione non sono più esattamente gli stessi e quindi, in base al principio della domanda, qualora l’istanza di limitazione non fosse accompagnata dalla corrispondente precisazione della domanda di contraffazione nei limiti delle preclusioni processuali, la domanda resterebbe ancorata al testo originario del brevetto e potrebbe essere respinta.
Questa lettura obbligherebbe tra l’altro il titolare a proporre l’istanza di limitazione in una delle fasi iniziali del processo, prima che si svolga l’istruzione, con ciò attenuando l’effetto, per certi versi devastante, della possibilità di chiedere la limitazione “in ogni stato e grado del processo” che certo permarrebbe ma non avrebbe riflessi sull’accertamento della contraffazione.
In ogni caso, ed anche a prescindere da quanto sopra, mi parrebbe comunque corretto riconoscere in un caso del genere la buona fede del terzo che aveva fatto affidamento sulla nullità del brevetto a lui opponibile al momento dell’introduzione del giudizio e di conseguenza respingere l’eventuale domanda di risarcimento danni per gli atti da lui compiuti prima dell’intervenuta limitazione qualora essi siano in contraffazione della sola rivendicazione limitativa aggiunta in corso di causa.
Anche senza volere ricorrere a strumenti estremi di tutela del terzo per un contemperamento degli interessi potrebbe essere quindi auspicabile che qualora in un giudizio di contraffazione intervenga una limitazione che non consista in una mera cancellazione o accorpamento di rivendicazioni già presenti nel brevetto ma nell’introduzione di una nuova rivendicazione che includa espressamente caratteristiche presenti, fino a quel momento, soltanto nella descrizione, la responsabilità pregressa del terzo in relazione alla nuova rivendicazione possa essere in qualche modo attenuata, se non eliminata, andando a decorrere piena e ampia soltanto “ex nunc”.
(tratto da Notiziario dell’Ordine di Consulenti in Proprietà Industriale, 1-014)
Avv. Laura Turini