La rivalutazione e valorizzazione dei beni immateriali

La Legge di Stabilità 2014 si è occupata della rivalutazione dei beni delle imprese inclusi i beni intangibili come marchi, brevetti e know how. Spesso i beni immateriali, pur conservando un valore economico, non figurano più nell’attivo patrimoniale perché completamente ammortizzati. La loro rivalutazione, del tutto possibile, è un importante strumento di ottimizzazione della gestione fiscale e finanziaria. I maggiori vantaggi derivanti dalla rivalutazione dei beni d’impresa sono rappresentati dai plusvalori latenti e dalla conseguente imputazione a patrimonio netto del saldo attivo di rivalutazione che emergerà in bilancio. L’incremento del patrimonio ha i suoi effetti sia sulla possibilità di acquisire credito presso il sistema bancario che sulle condizioni del credito concesso. E’ tema sempre più attuale infatti che, alla luce della disciplina sui requisiti patrimoniali richiesti dalle banche, il costo del credito è influenzato anche dalla capacità patrimoniale del soggetto finanziato. Il giudizio sulla capacità di un soggetto di pagare o meno i propri debiti, ovvero il cosiddetto rating sarà quindi, sempre più, un indicatore di sintesi che contribuirà a definire la disponibilità delle banche a concedere credito e il prezzo al quale detto credito sarà concesso. E’ evidente che il rating rifletterà il rischio percepito dalla banca sulla capacità dell’impresa di restituire il debito contratto. Nel caso di diritti di proprietà intellettuale iscritti a bilancio per importi relativamente modesti risulterà decisamente rilevante far emergere i maggiori valori economici attribuibili a tali beni al fine di migliorare i livelli di patrimonializzazione dell’impresa, grazie alla costituzione di riserve di rivalutazione. In questo modo verrà positivamente influenzato il rating attribuito dalle banche all’impresa, con benefici economici e finanziari non trascurabili. Sono molteplici le opportunità di finanziamento che si prospettano all’impresa grazie alla valorizzazione dei diritti di proprietà industriale. Ad esempio si sta sempre più affermando il cosiddetto lease-back sui marchi, che, in sintesi, consiste nell’interessante possibilità di finanziarsi cedendo ad un istituto di credito, a seguito di una valutazione specialistica del relativo valore, i propri marchi e stipulando quindi con quest’ultimo un contestuale contratto di locazione finanziaria. Altro aspetto molto importante in cui la rivalutazione dei beni d’impresa trova la sua convenienza è legato all’eventuale intenzione da parte del soggetto interessato di effettuare una futura cessione del bene rivalutato, al fine di evitare il sorgere di plusvalenze tassabili secondo le ordinarie aliquote IRES, IRPEF e IRAP, pagando al loro posto un’imposta sostitutiva di molto inferiore al prelievo ordinario. La rivalutazione potrà quindi essere effettuata mediante il pagamento sui maggiori valori di un’imposta sostitutiva nella misura del 16% sui beni ammortizzabili materiali ed immateriali e del 12% sugli altri beni. Il versamento delle imposte sostitutive avviene in tre rate di pari importo senza interessi e il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita. La valenza fiscale della procedura di rivalutazione si avrà a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la procedura è stata attivata.
Per procedere a tale rivalutazione ci si potrà basare sulla perizia di un tecnico abilitato che individuerà i valori degli intangibles (ad esempio marchi e brevetti) di cui l’impresa risulta proprietaria. Alla luce di quanto esposto, la rivalutazione dei beni d’impresa è da considerarsi un importante strumento di ottimizzazione della gestione fiscale e finanziaria.

Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento può scrivere a busoni@turinigroup.com.