Avvocato Generale UE, causa C–34/10 – conclusioni del 12.03.2011
Sono state depositate le conclusioni dell’Avvocato Generale, Ives Bot, relative ad una questione pregiudiziale vertente sulla nozione di “utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o commerciali”, di cui all’art. 6, n. 2, lett. c), della Direttiva 98/44/CE che ha si occupa della protezione delle invenzioni biotecnologiche.
La questione è sorta a seguito del ricorso presentato da Greenpeace in Germania e volto ad ottenere l’annullamento, per violazione della suddetta direttiva, del brevetto di un procedimento di produzione di cellule progenitrici neurali a partire da cellule staminali embrionali, per il trattamento di difetti neurologici.
Il tribunale federale in materia di brevetti ha parzialmente accolto la richiesta di Greenpeace, dichiarando nullo il brevetto nella parte in cui verte su cellule progenitrici derivanti da cellule staminali. Il giudice del rinvio ha sospeso il giudizio ed inviato gli atti alla Corte di Giustizia per l’interpretazione di alcune disposizioni della direttiva.
Le questioni pregiudiziali vertono sulla definizione di embrione umano, sulla nozione di utilizzazione di embrioni a fini industriali o commerciali, e sulle conseguenze derivanti dalla circostanza che l’invenzione presupponga la distruzione di un embrione.
Nelle osservazioni preliminari, l’Avvocato constata come, al fine di garantire l’obiettivo armonizzante della menzionata direttiva e contrariamente a quanto espresso degli Stati membri, sia opportuna una nozione comunitaria di embrione umano.
Basandosi sui termini della direttiva e sui dati attuali della scienza, è necessario quindi appurare quale stadio dell’evoluzione del corpo umano debba ricevere la qualificazione giuridica di embrione.
L’Avvocato conclude stabilendo che la nozione di embrione umano si applichi a partire dallo stadio della fecondazione delle cellule totipotenti (caratterizzate dalla circostanza che ognuna di esse ha la capacità di evolversi in un essere umano completo), ed all’insieme del processo di costituzione del corpo umano che ne deriva.
In ragione di tale potenzialità, il principio di rispetto della dignità umana deve trovare applicazione non soltanto in riferimento alla persona umana esistente, ma all’intero processo di perfezionamento del corpo umano, a partire dal primo stadio.
Di conseguenza, le cellule totopotenti costituiscono il “primo stadio del corpo umano che diverranno”, meritando pertanto la qualifica giuridica embrioni.
Il processo evolutivo comporta, dopo una fase iniziale caratterizzata dalla presenza di cellule totipotenti, lo sviluppo di cellule pluripotenti, le medesime su cui verte il brevetto contestato, caratterizzate dalla facoltà di svilupparsi in ogni sorta di cellule (sangue, fegato, tessuti ecc.).
Pertanto anche l’insieme di cellule pluripotenti, derivanti dalla “specializzazione” delle cellule totipotenti, in quanto uno degli aspetti di sviluppo del corpo umano, deve essere qualificato come embrione.
Tuttavia, poiché le cellule staminali embrionali (c.d. pluripotenti), prese isolatamente, non hanno la capacità di divenire un essere umano, non possono ricevere la qualifica giuridica di embrione umano, ma devono essere considerate come elementi isolati del corpo umano in fieri.
Al fine di risolvere la questione prospettata, occorre allora prendere in considerazione il momento del prelievo della cellula pluripotente, per valutarne gli effetti.
Alla luce di tale considerazione, l’Avvocato Generale ritiene che la Direttiva 98/44/CE escluda la brevettabilità di un’invenzione se l’attuazione del procedimento tecnico presentato prevede, preliminarmente, la distruzione di embrioni e la loro utilizzazione come materiale di partenza, anche se la descrizione del procedimento da brevettare non contiene alcun riferimento ad embrioni umani.
Rendere brevettabile un’invenzione che utilizzi cellule embrionali come semplice materiale di partenza significherebbe “strumentalizzare il corpo umano ai primi stadi dello sviluppo”.
Infine, per quanto attiene alla eccezione, prevista dalla direttiva, al divieto di brevettabilità delle utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali se l’invenzione ha finalità terapeutiche o diagnostiche, ferma restando la libertà di ricerca, l’Avvocato Generale conferma il limite dell’applicazione del brevetto alla cura dell’embrione umano.