I patent trolls non sono un fenomeno recente ma negli ultimi due anni la loro incidenza sul mercato sta diventando preoccupante.
Le PAEs (Patent Assertion Entities) non producono niente ma detengono un numero elevato di brevetti (patent trolls) che utilizzano, più o meno a ragione, per promuovere azioni legali contro coloro che sembrano contraffarli.
Il punto dolente di queste azioni è proprio il numero elevato dei brevetti contestati, spesso riguardanti il software, e la loro difficoltà di interpretazione, circostanze che rendono più conveniente raggiungere un accordo piuttosto che difendersi in giudizio.
Un recente studio della Prof.ssa Colleen Chien ha rivelato che negli Stati Uniti il fenomeno ha raggiunto la soglia di allarme. A farne le spese sono soprattutto le start up che si accingono a produrre beni ed a generare posti di lavoro ma che vengono bloccate sul nascere. Le prede predilette sono quelle imprese che hanno sufficienti fondi per potere pagare le royalties ma non abbastanza per resistere ad una pressante azione legale con il rischio di perderla.
L’impatto dei patent trolls su una piccola impresa può essere anche del 62% del suo fatturato e questo ha inevitabilmente effetti drammatici. La ricerca della Chien ha raccolto la testimonianze di alcune start up che si dicono preoccupate della situazione al punto che molte di loro preferiscono limitare il loro business all’Europa lasciando perdere il mercato americano o optare per l’open source. La questione sembra essere “quando” e non “se” si subirà una causa.
Se è vero che nel 2012 negli Stati Uniti oltre il 60% delle cause sono state promosse da patent trolls non c’è da stare allegri. Quando a sfidarsi anche in cause molto complesse come nel caso Apple/Samsung o Oracle/Google sono due colossi che giocano ad armi pari la battaglia può essere equa.
Nelle azioni legali dei patent trolls vi è invece una disparità tra chi agisce e chi si difende che non lascia scampo e la scelta è obbligata: sottoscrivere un accordo spesso oneroso o accollarsi il rischio di una difesa in giudizio rischiosa e forse anche più costosa. Vi è poi anche una terza via che è quella di chiudere i battenti.