Secondo la Corte d’Appello del Secondo Circuito di New York la celebre serie di iconici ritratti di Andy Warhol raffiguranti Prince ed ispirati alla fotografia scattata nel 1981 da Lynn Goldsmith viola il copyright sulla fotografia originale.
La sentenza dello scorso 26 marzo 2021 ha ribaltato la decisione di primo grado che nel 2019 si era invece espressa in favore della Fondazione Andy Warhol riconoscendo il carattere trasformativo – «the transformative use» – nei ritratti in commento, la cui sussistenza è necessaria affinché l’opera derivata non sia ritenuta una mera riproduzione dell’opera originale.
In particolare, il Tribunale di prima istanza aveva ritenuto che le opere di Warhol avessero sostanzialmente cambiato la fotografia originale di Goldsmith, rivisitando in chiave pop il ritratto fotografico «trasformando Prince in un’icona e aggiungendo qualcosa di nuovo al mondo dell’arte».
Non si dimentichi che negli Stati Uniti l’istituto del c.d. fair use consente a determinate condizioni l’utilizzo di materiale protetto da copyright, senza l’autorizzazione dell’avente diritto, per finalità di critica, commento, informazione, insegnamento, istruzione o ricerca.
In sede di appello proposto dalla fotografa, la Corte statunitense ha decretato invece la violazione di copyright da parte di Warhol sulla scorta di un’evidente somiglianza tra le opere della serie di Prince con la fotografia in esame – dal momento che gli elementi essenziali della fotografia venivano ripresi senza essere modificati in modo significativo – tale da non riscontrare alcun uso trasformativo della stessa. Inoltre, nella stessa sentenza la Corte d’Appello federale precisa che «Non qualsiasi opera secondaria che aggiunge una nuova estetica o nuova espressione alla sua fonte originale può essere considerata trasformativa» per cui «il carattere trasformativo o meno di un’opera non può basarsi solo sull’intento percepito o dichiarato dell’artista, o l’impressione della critica – o per quel che conta, quella del giudice – sull’opera. Perché se fosse questo ogni alterazione di un’opera finirebbe per essere una trasformazione».
La Corte statunitense muove da un presupposto – solo apparentemente – semplice: affinché non vi sia violazione del copyright dell’opera “principale” è necessario che l’opera derivata sia sostanzialmente diversa e nuova – nel carattere e nel fine – rispetto a quella da cui trae ispirazione.
Ebbene, nel caso di specie, riscontrata la considerevole similitudine tra le opere della serie di Prince e la fotografia della Goldsmith, secondo l’interpretazione della Corte federale statunitense la celebre serie di sedici serigrafie di Andy Warhol non può essere ritenuta fair use – uso corretto – dell’opera fotografica e, pertanto, ne costituisce violazione del copyright.