Gli articoli di giornale e riviste rientrano a pieno titolo tra le opere protette dal diritto d’autore. Essi sono espressamente riconosciuti come opere creative dalla legge sul diritto d’autore, agli artt. 38-43.
La tutelabilità dei singoli articoli è confermata dalla giurisprudenza ed è stata riconosciuta dalla Cassazione con sentenza n. 12314/2015.
La legge sul diritto d’autore prevede tuttavia anche specifiche eccezioni per il libero utilizzo degli articoli.
Viene quindi da chiedersi quando la riproduzione di un articolo all’interno di un’altra opera sia lecita oppure no.
La Corte di Appello di Napoli si è occupata recentemente proprio di un tale caso.
Nel 2008 una società editrice, titolare dei diritti sugli articoli di giornale, ha citato in giudizio l’autore di un libro che li aveva riprodotti nella sua opera senza avere richiesto il suo consenso.
Dalla ricostruzione della vicenda è emerso che l’autore si era recato presso le redazioni dei quotidiani per raccogliere materiale informativo poi confluito nel suo romanzo.
Tuttavia, all’interno del romanzo, non erano stati indicati né la testata giornalistica, né gli autori degli articoli da cui lo scritto era stato tratto.
Mentre in alcuni casi l’autore aveva effettivamente “rimodellato” tale materiali in modo da conferirgli un apporto creativo, in altri egli aveva testualmente riprodotto lo scritto giornalistico senza alcun riferimento al nome della testata.
Secondo l’autore l’opera era frutto di autonoma attività creativa e le pretese similitudini che gli venivano contestate “oltre ad essere qualitativamente e quantitativamente irrilevanti (…) riguardavano fatti di cronaca ed erano quindi dovute alla comunanza delle fonti, di pubblico dominio, consultate dall’autore.”
Secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza si può incorrere in violazione del diritto d’autore non soltanto quando l’opera venga copiata integralmente (“riproduzione abusiva in senso stretto”) ma anche nell’ipotesi in cui, pur essendoci sia differenze che somiglianze, i tratti essenziali che caratterizzano l’opera anteriore siano riconoscibili nell’opera posteriore (“contraffazione”).
L’elaborazione creativa di opera altrui non costituisce violazione di diritti altrui se è caratterizzata da un riconoscibile apporto creativo dell’autore della elaborazione.
Nel caso in esame, i Giudici hanno evidenziato che per tre dei sette brani riportati vi era stata una illecita appropriazione in quanto il romanzo riportava quasi integralmente gli articoli senza acquisire una propria autonoma originalità.
Inoltre, la Corte ha escluso nel caso in esame potesse trovare applicazione dell’art. 70 L.d.a., che consente la libera utilizzazione, mediante citazione, riassunto o riproduzione, di brani o parti di un’opera protetta, nei limiti giustificati dalle finalità di critica, di discussione o di insegnamento.
L’accusato del plagio non si era infatti limitato a riferire i meri fatti storici narrati negli articoli, circostanza che avrebbe escluso l’illecito, ma li aveva usati a proprio fine.
La Corte (sentenza 3239/2013, confermata sul punto dalla Cassazione) ha dunque condannato l’autore e la casa editrice che ne aveva curato la pubblicazione del libro ad indicare la fonte e il nome degli autori degli articoli, oltre che al risarcimento del danno.