La Corte di Giustizia UE sui confini di legittimità del copyright trolling

Per “copyright trolling” si intende la pratica che prevede l’acquisto di diritti di sfruttamento economico su opere protette al solo fine di avere titolo per richiedere il risarcimento dei danni a chi agisce in violazione di tali diritti.

Terreno di elezione di tale attività non può che essere il mondo di Internet e, in particolare, le reti peer-to-peer che, in quanto reti tra pari, garantiscono agli utenti la condivisione di materiale multimediale. Queste, infatti, a causa del loro carattere decentralizzato diventano sempre più spesso teatro di atti di pirateria informatica, in particolare dello sharing illegale di opere protette dal diritto d’autore e dai diritti connessi.

Il tema della legittimità della condotta dei c.d. copyright troll è stato affrontato dalla Corte di Giustizia dell’UE nell’ambito della causa C-597/19 riguardante la violazione di diritti d’autore su una rete peer-to-peer per la condivisione di file torrent.

L’Avvocato Generale della CGUE, Maciej Szpunar, nelle conclusioni dello scorso 17 dicembre 2020 ha innanzitutto chiarito i termini in cui tale condotta si estrinseca. In primo luogo, imprese o studi legali specializzati acquistano diritti di sfruttamento limitati su alcune opere protette al solo fine di potersene avvalere in procedimenti giudiziari per ottenere, dopo aver rintracciato gli indirizzi IP delle connessioni internet, nomi ed indirizzi degli utenti che abbiano eseguito il download illegale di materiale protetto. In seguito, a tali utenti vengono inviate richieste risarcitorie per i danni asseritamente patiti dall’impresa con contestuale minaccia di agire in giudizio.

Infine, il più delle volte le imprese danneggiate propongono una composizione bonaria della controversia dietro pagamento di una somma di denaro in loro favore, spesso superiore al danno effettivamente subito.

È di tutta evidenza il rischio che la diffusione di una tale attività possa ingenerare un vero e proprio business nel settore laddove anche solo una parte degli utenti contattati decida di pagare, generando incassi – da dividere con i titolari dei relativi diritti – che possono anche superare quelli derivanti dallo sfruttamento legale delle opere protette.

Per tale ragione l’AG si è interrogato sulla legittimità del copyright trolling, considerato che tale pratica trova fondamento nello sfruttamento non dei diritti d’autore bensì delle violazioni di tali diritti, tale per cui il diritto d’autore risulta in concreto “deviato dai suoi obiettivi ed utilizzato, per non dire che ne viene fatto abuso, a fini ad esso estranei”.

Ebbene, la Corte di Giustizia, nella citata sentenza c.d. M.I.C.M. del 17 giugno 2021, ha avuto modo di esprimersi sul tema senza però, di fatto, sbilanciarsi. In tale occasione ha affermato che è da ritenersi di per sé legittima – purché rispetti determinate condizioni – la registrazione sistematica di indirizzi IP di utenti e la comunicazione dei loro nomi ed indirizzi al titolare dei diritti intellettuali violati (ovvero ad un terzo), laddove tale pratica sia finalizzata ad ottenere il risarcimento dei relativi danni.

La Corte precisa però che, affinché non si ravvisi un’ipotesi di abuso del diritto, è necessario che tale richiesta di informazioni da parte del titolare di diritti sia adeguatamente giustificata e proporzionata, circostanza – pertanto – oggetto di sindacato da parte del giudice del rinvio.