Il D.lgs. 15/2019, in vigore in Italia dal 23 marzo scorso, introduce alcune importanti novità in materia di marchi di impresa.
Come anticipato, tali cambiamenti, infatti, si pongono come obiettivo quello di integrare ed ampliare il Codice di Proprietà Industriale, al fine di adeguarlo alle disposizioni della Direttiva UE 2015/2436 sul riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, nonché al regolamento UE 2015/2424 in materia di marchio comunitario.
Innanzitutto, tra i cambiamenti più significativi rientra il superamento del requisito della rappresentazione grafica del marchio in sede di deposito (art. 7 CPI). Il legislatore, quindi, ammette la tutela anche di nuovi tipi di marchi, per così dire non tradizionali (come marchi sonori, olfattivi o luminosi) purché siano idonei ad essere riprodotti in modo facilmente accessibile alle autorità competenti e a descrivere precisamente l’oggetto della protezione, ricorrendo alle tecnologie disponibili attualmente.
Inoltre, il nuovo art. 9 CPI prevede che non sono registrabili come marchio non solo la “forma”, ma anche qualunque altra “caratteristica” che dia un valore sostanziale al prodotto, o che sia necessaria per il raggiungimento di un risultato tecnico o che sia imposta dalla natura stessa del prodotto.
Il legislatore italiano procede poi ad armonizzare la legge italiana alla direttiva UE in relazione ai marchi collettivi. Infatti, si stabilisce che solo le persone giuridiche come enti pubblici o associazioni di categoria sono legittimate ad ottenere la registrazione di un marchio collettivo. Sono esclusi, invece, le persone fisiche e le società, come le società per azioni o le società a responsabilità limitata. Inoltre, si precisa che il regolamento d’uso deve essere allegato alla domanda di registrazione in conformità all’articolo 157, comma 1 bis CPI, che specifica i requisiti e le indicazioni che devono essere necessariamente contenute nel regolamento. Infine, il testo novellato dell’art. 11 CPI prevede che nella zona geografica pertinente al marchio collettivo, chiunque può non solo utilizzare il marchio, ma anche chiedere di diventare membro dell’associazione di categoria titolare del marchio, purché rispetti i requisiti imposti dal regolamento.
Il nuovo art. 11 bis, invece, introduce il cosiddetto “marchio di certificazione”, il cui scopo è quello di certificare e garantire determinate caratteristiche dei prodotti o servizi, come l’origine, la natura o la qualità. Anche in questo caso, i regolamenti d’uso devono essere allegati in conformità a quanto disposto all’art. 157 comma 1 ter CPI. Il comma 4, infine, concede la possibilità di registrare come marchio di certificazione segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti e/o servizi, in deroga al principio generale della capacità distintiva ex art. 13 CPI.
Anche l’art. 14 CPI, relativo alla “liceità e ai diritti di terzi”, viene innovato tramite l’introduzione di nuove tipologie di segni esclusi dalla registrazione. Tra questi, i segni relativi alla protezione delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche, i segni relativi alla protezione delle menzioni tradizionali per i vini, i segni delle specialità tradizionali garantite e i segni che consistono o contengono rappresentazioni di varietà vegetali, nonché i segni che sono idonei ad ingannare il pubblico circa la tipologia di marchio.
Viene modificato anche il successivo art. 15 CPI, per cui gli effetti della rinnovazione della registrazione decorrono non più dalla data di scadenza della registrazione precedente, ma dal giorno successivo alla data di scadenza della registrazione precedente.
Per quanto concerne i diritti conferiti al titolare del marchio, il D. lgs. 15/2019 rafforza tali diritti prevedendo che il titolare di un marchio rinomato possa vietare l’uso a terzi di un marchio identico o simile al proprio per prodotti o servizi identici, affini e non affini, anche per fini diversi da quello tipico distintivo. Inoltre il titolare del marchio potrà impedire a terzi l’esplicazione di tutte quelle attività prodromiche e preparatorie al commercio di merce contraffatta, come l’apposizione del segno su cartellini, etichette e confezioni. In tal modo il legislatore intende consentire ai proprietari dei marchi di combattere la contraffazione in maniera più efficace.
Altra importante novità è l’introduzione, tramite il novellato art. 122, di un procedimento amministrativo alternativo a quello esperibile davanti all’autorità giudiziaria nazionale, che permette di contestare la decadenza o la nullità di un marchio attraverso una procedura più snella e veloce. Tuttavia, non è possibile procedere se sul medesimo oggetto e per i medesimi fatti e tra le stesse parti sia già stata pronunciata una decisione dell’UIBM o sia in corso un procedimento di questo tipo.
Il nuovo art. 122 bis CPI, invece, prevede la possibilità anche per il licenziatario di avviare l’azione per contraffazione, purché si tratti di licenziatario esclusivo e previa messa in mora del titolare. Altrimenti, lo stesso sarò legittimato solo con il consenso del titolare del medesimo marchio.
Il CPI vede infine l’introduzione di nuove disposizioni in materia di procedura innanzi alla Commissione dei ricorsi avverso i provvedimenti dell’UIBM che respingono totalmente o parzialmente una domanda o istanza, che rifiutino la trascrizione o che impediscono il riconoscimento di un diritto. Le disposizioni processuali si riferiscono, principalmente, alla procedura di presentazione dei ricorsi, al deposito e alla formazione del fascicolo del processo e alla trattazione e decisione della controversia.