L’annosa questione della possibilità o meno per gli operatori commerciali di utilizzare le strisce come elemento decorativo sui prodotti, sembra essere stato adesso risolto dalla Corte di Giustizia (senza del 10 Aprile 2008 nel procedimento C–102/07) in senso sostanzialmente favorevole alla ADIDAS.
La Corte era stata chiamata ad interpretare alcuni articoli della Direttiva 89/104/CE ed in particolare l’art. 5 e l’art. 6, relativi ai diritti conferiti dal marchio ed alla limitazione degli effetti del marchio registrato.
ADIDAS sosteneva, infatti, che avendo registrato come marchio il noto segno delle tre strisce parallele, costituisse violazione di detto marchio anche apporre su capi di abbigliamento due strisce parallele, in quanto comunque anche le due strisce richiamavano il marchio della ADIDAS. Le società concorrenti, da parte loro, ritenevano invece che la “striscia” dovesse essere considerato un elemento decorativo nella disponibilità di tutti e che quindi la ADIDAS non potesse avere alcun diritto di pretenderne l’esclusiva.
La Corte ha mosso la sua decisione, stabilendo che il principio di disponibilità generale di un segno può operare solo nella fase in cui deve essere registrato, ma una volta ottenuto il marchio, e maggiormente se detto marchio è divenuto notorio a seguito dell’uso che ne è stato fatto, il principio di disponibilità non è più un parametro che può essere preso in considerazione ai fini di escludere la contraf fazione.
Premesso questo, la Corte ha quindi affermato che, perché sussista contraffazione di un segno, deve sussistere non solo la similitudine tra i prodotti ma anche il rischio di confusione. Pertanto, in un caso come quello di specie, il Giudice dovrebbe in concreto chiedersi se i marchi, tra di loro simili, costituiti l’uno da tre strisce e l’altro da due strisce, siano anche confondibili, nel senso che il consumatore possa essere indotto a pensare che anche quelli recanti due strisce provengono dalla stessa fonte produttiva. Nel caso ADIDAS la risposta, però, sarebbe probabilmente negativa, in quanto il consumatore è abituato a pensare che solo i capi recanti le tre strisce provengano dalla nota casa produttrice. La Corte però sottolinea un altro aspetto. Dal momento che il marchio a tre strisce della ADIDAS è un marchio notorio, perché sussista rischio di confusione è sufficiente, ai sensi dell’art. 5 n. 2 della direttiva, che la somiglianza tra i segni abbia come effetto che il pubblico crei un nesso tra il segno ed il marchio famoso. Nel caso ADIDAS è molto probabile che chiunque veda due strisce su un capo di abbigliamento possa pensare al marchio della ADIDAS, creando quindi un nesso tra i due che potrebbe giustificare la condanna per contraffazione.
Il principio di disponibilità può servire ad evitare la contraffazione solo se l’indicazione utilizzata sia relativa ad una caratteristica del prodotto o del servizio contrassegnato dal segno. E’ questo il senso dell’affermazione di principio per cui “La prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretata nel senso che non si può tener conto dell’imperativo di disponibilità all’atto della valutazione dell’estensione del diritto esclusivo del titolare d’un marchio, salvo nella misura in cui trova applicazione la limitazione degli effetti del marchio definita all’art. 6, n.1, lett. b), della detta Direttiva”. Vedremo come il Giudice applicherà in concreto questo principio al caso ADIDAS, sospeso in attesa della decisione della Corte di Giustizia.