Il Partito Pirata si batte da sempre per la libera distribuzione dei contenuti e contro la supremazia della legge che difende il diritto d’autore. Ironia della sorte vuole però che di una legge analoga, ovvero il Codice della Proprietà Industriale, si sia avvalso per difendersi contro un altro partito il Pirate Party di Marco Marsili. La questione è finita di fronte al Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale, che ha stabilito sia in sede di ricorso che in sede di reclamo il diritto dell’associazione di Athos Gualazzi di utilizzare in esclusiva la denominazione Partito Pirata ed il simbolo della bandiera con la vela spiegata. Il Giudice ha quindi inibito a Marsili di usare non solo il suddetto nome ma anche il nome Pirate Party e nomi analoghi, vietandogliene l’uso anche come nome di dominio. Il risultato è che oggi i domini di Marsili sono chiusi e che c’è un solo partito pirata in Italia. Resta da capire se questa vicenda farà riflettere sull’importanza dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale o se la questione verrà fatta passare inosservata. In fondo anche se l’oggetto del contendere era un marchio e non un copyright si è sempre trattato di difendere, valutandone l’importanza, un diritto esclusivo di privativa.
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