La Corte di Giustizia Europea, decidendo sul caso C‑772/18, ha stabilito un importante principio in materia di acquisto di beni contraffatti da parte di un privato.
La Corte ha infatti precisato che l’acquisto da parte di un privato di prodotti recanti un marchio contraffatto – palesemente non destinati all’uso privato – è da considerarsi a tutti gli effetti un “uso del marchio nel commercio” ai sensi dell’art. 5 paragrafo 1 e 3 lettere b) e c) della direttiva 2008/95/CE, e quindi costituisce attività illecita.
La pronuncia è stata emessa nell’ambito di una controversia per contraffazione tra una società titolare di un marchio e un privato cittadino di nazionalità finlandese che nel 2011 aveva ricevuto dalla Cina una partita di 150 cuscinetti a sfera ad uso industriale e che, dopo avere provveduto a suo nome allo sdoganamento, aveva ritirato il lotto presso il proprio domicilio ma, alcune settimane dopo, lo aveva esportato in Russia in cambio di un corrispettivo.
Sui prodotti in questione era apposto un marchio registrato di un’azienda che ha citato in giudizio l’acquirente finlandese.
La Corte adita ha deciso che il cittadino finlandese non aveva “usato nel commercio” il marchio in questione e che quindi la domanda di risarcimento danni non poteva essere accolta.
A seguito di impugnazione il caso è passato alla Corte Suprema finlandese che ha sospeso il procedimento per sottoporlo all’attenzione della Corte di Giustizia Europea, in relazione all’ art. 5 paragrafo 1 e 3 lettere b) e c) della direttiva 2008/95/CE.
La Corte ha stabilito che l’attività di «usare nel commercio» sussiste nel solo contesto di un’attività commerciale e che solo quando le operazioni effettuate superano, per il loro volume, la loro frequenza o altre caratteristiche, la sfera di un’attività privata, chi le compie si colloca nell’ambito del commercio.
Dato che i prodotti in questione, a causa della loro natura e del loro volume, non sembrano destinati ad un uso esclusivamente privato, si deve ritenere che le operazioni ad essi relative rientrino in una vera e propria attività commerciale.
Il fatto che tali prodotti siano stati sdoganati dal privato cittadino finlandese a suo nome e immessi in commercio tramite un suo comportamento attivo (l’attività di sdoganamento e l’esportazione all’estero), comporta che l’attività compiuta rientra all’interno di quanto disposto all’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2008/95. L’entità della remunerazione non è rilevante sul punto.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che deve essere valutato come “uso in commercio” e perciò tutelabile secondo l’art. 5, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2008/95 anche l’attività di un privato cittadino che non esercita un’attività commerciale a titolo professionale ma che riceve, immette in libera pratica in uno Stato membro e conserva prodotti manifestamente non destinati all’uso privato, che sono stati spediti al suo indirizzo da un paese terzo e sui quali, senza il consenso del titolare, è apposto un marchio.