Con sentenza datata 13 luglio 2022, resa nella causa T-768/20, il Tribunale dell’Unione Europea torna a pronunciarsi in tema di uso effettivo e genuino di un marchio europeo.
La questione riguardava, in particolare, la domanda di decadenza presentata nei confronti di un marchio registrato all’EUIPO, poi accolta integralmente dalla divisione di annullamento e confermata in sede di ricorso dalla relativa commissione.
Quest’ultima rilevava che in merito al luogo d’uso del segno contestato, una notevole quantità di elementi probatori presentati dal titolare riguardavano servizi alberghieri e servizi accessori forniti, tuttavia, non nell’Unione bensì negli Stati Uniti.
Pertanto – nonostante il ricorrente avesse dimostrato che gli annunci pubblicitari e le offerte di tali servizi fossero destinati ai consumatori dell’Unione europea tramite tutta una serie di prove tra cui pubblicità, campagne promozionali, dati di Google Analytics relativi alla frequentazione del sito web, fatture, ecc.. – la commissione di ricorso riteneva che siffatte evidenze fossero tuttavia insufficienti per ritenere che il marchio controverso fosse stato effettivamente utilizzato nell’Unione.
Per tali motivi, la commissione confermava la decisione della divisione di annullamento EUIPO.
Chiedendo di annullare tale pronuncia, ricorreva di fronte al Tribunale dell’Unione europea il titolare del marchio contestando la decisione della commissione di ricorso per non aver considerato, quali prove di uso effettivo, gli annunci pubblicitari e le offerte di vendita i quali, benché fossero relativi a servizi alberghieri e accessori resi negli Stati Uniti, erano tuttavia rivolte ai consumatori del territorio pertinente e cioè dell’Unione europea.
Il Tribunale, investito della questione, ricordava i principi fondamenti in tema di uso effettivo di un marchio europeo che appare qui opportuno richiamare.
Sussiste, infatti, «uso effettivo» di un marchio quando lo stesso è utilizzato conformemente alla sua funzione essenziale, che è quella di garantire l’identità dell’origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di creare o preservare uno sbocco per tali prodotti o servizi (v. sentenza del 31 gennaio 2019, Pandalis/EUIPO, C-194/17 P, EU:C:2019:80, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).
Il Tribunale rilevava poi che l’espressione «uso effettivo nell’Unione» ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001 (Regolamento sul marchio dell’Unione europea), dovesse essere interpretata nel senso che il termine «nell’Unione» definisce il ‘mercato geografico’ che funge da punto di riferimento per una qualsiasi analisi volta a stabilire se un marchio europeo sia oggetto di «uso effettivo».
Sulla base di tali premesse, il Tribunale constatava che la commissione di ricorso aveva commesso un errore non distinguendo tra il luogo in cui si svolgevano le prestazioni di servizi quali gli annunci pubblicitari o le offerte di tali servizi ed il luogo di utilizzazione del marchio.
Il Giudice Europeo rilevava infatti che, sebbene dalla giurisprudenza risulti che la nozione di uso effettivo nell’Unione implica che l’uso di tale marchio in Stati terzi non può essere preso in considerazione ai fini della determinazione di un uso effettivo (sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken, C-149/11, EU:C:2012:816, punto 38), da tale giurisprudenza non si può tuttavia dedurre che gli atti di utilizzazione del marchio volti a promuovere e a offrire in vendita taluni servizi si svolgano necessariamente, anch’essi, al di fuori del territorio dell’Unione.
In sostanza, benché la ricorrente fornisse i propri servizi negli Stati Uniti, ciò non escludeva, a priori, che la stessa, per il tramite dell’attività di promozione ed offerta in vendita degli stessi, utilizzasse il proprio marchio nell’Unione conformemente alla sua funzione essenziale di creare o preservare uno sbocco per tali prodotti e servizi e, perciò, in maniera effettiva e genuina.
Pertanto, concludendo, il Tribunale UE riconosceva che gli annunci pubblicitari e le offerte di vendita rivolte al pubblico dell’Unione costituissero atti di uso del marchio e che, di conseguenza, fossero elementi rilevanti al fine di dimostrare l’uso effettivo di un marchio europeo.
Dichiarando quindi la decisione impugnata viziata da illegittimità, il Tribunale dell’Unione europea ne predisponeva l’annullamento.
Giulia Mugnaini