Con sentenza n. 38797 del 13/10/2022, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del sequestro probatorio di 2.547 costumi dell’Uomo Ragno, emesso dal Pubblico Ministero del Tribunale di Napoli nei confronti della società importatrice italiana.
Lo scorso anno, il P.M. di Napoli aveva convalidato il sequestro d’urgenza operato dall’UPF Dogane di Napoli 1, Sezione Antifrode, disponendo il sequestro dei costumi non originali del noto supereroe Marvel. La legale rappresentante della società importatrice veniva così indagata per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.).
A seguito del rigetto della richiesta di riesame, il socio unico della società importatrice agiva in Cassazione, sostenendo che non ci sarebbe stata alcuna contraffazione dei marchi Marvel. Secondo il ricorrente, infatti, sui costumi sequestrati era stato apposto il marchio della società importatrice e, dunque, la sola realizzazione di un costume con le fattezze del supereroe Spider-Man non sarebbe stata sufficiente ad integrare il reato. Neppure avrebbe dovuto darsi rilevanza al fatto che il personaggio risulta tutelato, a livello europeo, dall’omonimo marchio registrato dalla Marvel Characters Inc.
Ciò nonostante, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda di 3.000 euro.
A motivare il rigetto, insieme alla sanzione pecuniaria, è stata l’assenza di legittimazione ad agire del ricorrente, che ha presentato il ricorso in commento quale unico socio della società destinataria del sequestro, ma che non aveva alcun potere di rappresentanza formale della società.
Benché la motivazione del rigetto sia fondata su ragioni di rito, la sentenza consente di ricordare l’orientamento giurisprudenziale maggioritario sulla configurabilità del reato di commercio di prodotti recanti marchi falsi.
È stato infatti chiarito che “integra il reato di commercio di prodotti con segni falsi la riproduzione del personaggio di fantasia tutelato dal marchio registrato, ancorché non fedele ma espressiva di una forte somiglianza, quando sia possibile rilevare una oggettiva e inequivocabile possibilità di confusione delle immagini, tale da indurre il pubblico ad identificare erroneamente la merce come proveniente da un determinato produttore” (Cassazione penale, sez. II, n. 20040 del 20/04/2011).
Più di recente, la Cassazione ha ribadito che non ha alcuna rilevanza la possibilità di configurare come grossolana la contraffazione “considerato che l’ art. 474 c.p. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio” (Cassazione penale, sez. VII , n. 18176 dell’11/05/2021).
Invece, la configurabilità del reato in questione è stata esclusa nei confronti di chi “pone in vendita prodotti nuovi e originali realizzati mediante l’uso, a fini non imitativi ma, piuttosto, parodistici ovvero artistici e descrittivi, di marchi noti e caratterizzati da immagini volte ad effettuarne una riproduzione ironica, inidonea a creare confusione con i prodotti protetti dai marchi tutelati” (Cassazione penale, sez. II, n. 35166 del 21/05/2019).
Ilaria Feriti