Con comunicato stampa del 22 agosto 2022, il Garante per la protezione dei dati personali ha annunciato di aver avviato un’istruttoria in merito alla diffusione del video relativo alla violenza sessuale avvenuta a Piacenza il 21 agosto 2022.
Il video del gravissimo episodio, immediatamente acquisito dagli inquirenti, ha consentito l’identificazione del colpevole ma è anche stato pubblicato sul quotidiano IlMessaggero e condiviso su diversi canali social, così ottenendo un’enorme risonanza mediatica nell’arco di poche ore.
Facebook, Instagram e Twitter hanno reagito oscurando il video, perché contrario alle regole delle piattaforme, ma la vicenda aveva ormai già innescato la nota bufera mediatica scatenatasi in seguito alla condivisione del video anche da parte della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
Il giorno successivo all’episodio, il Garante ha comunicato l’avvio di un’istruttoria al fine di accertare eventuali responsabilità da parte dei soggetti che “a vario titolo e per finalità diverse” hanno proceduto alla diffusione del video.
Non è la prima volta che il Garante interviene su questo tema. Già prima dell’entrata in vigore del GDPR, il Garante era stato costretto a prendere provvedimenti nei confronti di testate giornalistiche che avevano diffuso immagini relative a violenze sessuali o reso note le generalità delle vittime (solo per citarne alcuni: n. 1090071 del 10.3.2004, n. 1091956 del 6.4.2004, 1536583 del 10.7.2008, n. 1557470 2.10. 2008, n. 1563958 del 13.10.2008, n. 1590076 del 16.02.2009, n. 1696265 del 28.1.2010, n. 1696239 dell’11.2.2010, n. 9065775 del 29.11.2018).
Al di là della preoccupante frequenza con cui, ancora oggi, il Garante è chiamato a pronunciarsi sull’illecita diffusione dei dati relativi a donne e minori (già) vittime di violenza, da tutti i provvedimenti e i comunicati emessi dall’Autorità emerge chiaramente un rigoroso orientamento volto alla massima salvaguardia della vittima e della sua dignità.
Infatti, il quadro normativo vigente mira a evitare che la diffusione della notizia della violenza costituisca, essa stessa, una forma di violenza capace di amplificare esponenzialmente le conseguenze lesive dell’illecito. Obiettivo questo, che viene perseguito in tutti i livelli di normazione, dalla Costituzione al diritto penale, dalla disciplina speciale in tema di privacy alla regolamentazione dell’attività giornalistica.
Il Garante ha ricordato in molteplici occasioni che invocare l’esercizio del diritto di cronaca non costituisce una base giuridica del trattamento idonea a legittimare la diffusione dei dati personali delle vittime. Dati personali che, si precisa, includono sia quelli che rendono apertamente nota l’identità della vittima, sia quelli che sono comunque idonei a consentirne l’identificazione. Peraltro, affinché il diritto di cronaca venga esercitato in modo legittimo, i fatti devono essere esposti in una forma non eccedente lo scopo informativo della notizia e senza fornire dettagli non indispensabili a rappresentare la vicenda, anche secondo il principio dell’essenzialità dell’informazione previsto dal Codice Deontologico dei Giornalisti.
Al fine di puntualizzare ulteriormente i principi che regolamentano l’attività giornalistica, nel 2020 è stato aggiornato anche il Testo Unico dei doveri del giornalista, inserendo una previsione volta proprio a evitare l’inutile spettacolarizzazione della violenza e a garantire che la diffusione delle notizie avvenga in modo rispettoso per le persone offese (art. 5 bis del T.U.).
Si dovrà ora attendere l’esito dell’istruttoria del Garante per conoscere i provvedimenti amministrativi e le motivazioni che verranno pronunciati nei confronti di chi ha diffuso il video in questione.
Contemporaneamente, sull’accaduto indagherà anche la Procura di Piacenza. La diffusione di queste immagini potrebbe infatti integrare il reato previsto dall’art. 734 bis del codice penale che, anche nel caso di violenza sessuale, punisce con l’arresto da tre a sei mesi chiunque “divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso”.
Ferma la reazione dell’Ordine dei Giornalisti che nuovamente ha condannato chi “chi usa il corpo delle donne solo per raccogliere visualizzazioni. […] aggiungendo violenza a violenza feroce, usata con il solo scopo di attrarre pubblico, ottenere click e indirizzare il consenso”.
Ilaria Feriti