CGUE, Parere n. 1/09 del 08/03/2011
La Corte di Giustizia UE ha stabilito che il progetto di accordo internazionale per l’istituzione di un tribunale competente sulle controversie tra privati in materia di brevetti europei e comunitari non è compatibile con le disposizioni del Trattato UE (TUE) e del Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE).
Nel 2007 la Commissione aveva proposto al Consiglio ed al Parlamento l’istituzione di un sistema integrato per il brevetto europeo ed il futuro brevetto comunitario.
Il primo, in base a quanto stabilito dalla Convenzione sul Brevetto Europeo (CEB) del 1973, viene rilasciato dall’Ufficio Europeo dei Brevetti (UEB) e si compone di una serie di brevetti nazionali, soggetti ciascuno alla normativa propria degli Stati designati dal titolare.
Il brevetto comunitario, rilasciato dall’UEB in forza delle disposizioni della CBE, dovrebbe invece avere carattere unitario ed autonomo, e produrrebbe i medesimi effetti nell’intera Unione.
Nell’ambito dei lavori di redazione in seno al Consiglio, veniva inoltre elaborato un progetto di accordo internazionale, da concludersi tra gli Stati membri, l’UE e gli Stati terzi aderenti alla CBE, avente ad oggetto l’istituzione di un Tribunale dei Brevetti (TB), competente sulle controversie tra privati in materia di brevetti europei e comunitari.
Il progetto di accordo riconosce a detto tribunale il compito di interpretare ed applicare le disposizioni dell’accordo stesso, gli atti del diritto UE riguardanti la proprietà intellettuale, nonché di garantire la piena applicazione del diritto UE e la tutela in giudizio dei soggetti interessati.
Il TB, relativamente alle proprie competenze, subentrerebbe quindi ai giudici nazionali, privandoli della facoltà di adire la Corte di Giustizia UE in via pregiudiziale.
Il Consiglio, a seguito delle preoccupazioni di natura giuridica sollevate da alcuni Stati membri, tra i quali l’Italia, circa l’incompatibilità con i Trattati del progetto di accordo, ed in particolare della parte riguardante il brevetto comunitario e l’istituzione di un tribunale ad hoc, ha sottoposto la questione alla Corte di Giustizia UE.
In sede di redazione del parere, la CGUE, in primo luogo, ricorda come sia compito proprio e degli Stati membri assicurare il rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione.
In particolare, la CGUE deve garantire il rispetto dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione, mentre spetta ai giudici degli Stati membri, in forza del principio di leale collaborazione, garantire sul proprio territorio l’osservanza del diritto unionista.
Al fine di impedire divergenze interpretative, l’art. 267 TFUE disciplina la procedura di rinvio pregiudiziale, che conferisce al giudice nazionale la facoltà di adire la CGUE qualora ritenga che la causa pendente davanti a sé sollevi questioni relative all’interpretazione o alla validità della norme giuridiche dell’Unione.
Corollario a tale disposizione è il principio che sancisce l’obbligo di risarcimento dei danni arrecati a soggetti dell’ordinamento, per violazioni del diritto unionista imputabili allo Stato membro.
Si è così venuto a creare un sistema di cooperazione diretta tra la Corte ed i giudici nazionali, volto a garantire la corretta ed uniforme interpretazione del diritto UE, essenziale alla salvaguardia della natura stessa dell’ordinamento istituito dai Trattati.
Fatta tale premessa, la CGUE constata come, in base al progetto sottopostole, qualora una pronuncia del TB, giudice istituito con accordo internazionale e come tale esterno alla cornice istituzionale e giurisdizionale dell’Unione, violasse il diritto UE, tale sentenza non potrebbe essere oggetto di un giudizio di violazione, né comporterebbe responsabilità patrimoniale in capo agli Stati membri.
I giudici nazionali verrebbero così privati, in materia di brevetti, delle loro competenze circa l’applicazione del diritto unionista, e la Corte delle proprie competenze a risolvere pregiudizialmente le questioni ad essa sottoposte dai suddetti giudici.
Di conseguenza, l’accordo così come attualmente redatto risulta essere incompatibile con le disposizioni del Trattato UE e del trattato sul Funzionamento dell’UE.