La Corte di Cassazione è recentemente tornata a pronunciarsi in materia di format di un programma televisivo quale opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, con sentenza n. 18633 dello scorso 27 luglio 2017.
Il format, come noto, non rientra tra le opere che sono oggetto di un’espressa previsione normativa all’interno della Legge sul diritto d’autore, ma la giurisprudenza recente si è attestata verso un progressivo accoglimento di una tutela autorale, definendone i requisiti ed i limiti di tutelabilità.
La questione sottoposta al giudicato della Suprema Corte nel caso che qui ci occupa riguardava la titolarità dei diritti sul format del programma televisivo “Amore criminale”, incentrato sulla narrazione di episodi di cronaca nera di donne uccise dai loro compagni, realizzato dalla R.P. S.r.l. ma sul quale pretendeva di vantare dei diritti anche un’altra società che avrebbe collaborato alla realizzazione del format.
Da qui è insorta una causa che ha negato le pretese avanzate dalla seconda società sia in primo grado, che in Appello che in Cassazione.
La sentenza della Cassazione è interessante sotto un duplice punto di vista.
La Suprema Corte ha anzitutto ribadito che, per stabilire se il format di un programma televisivo integri gli estremi dell’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, in assenza di una definizione normativa, si possa applicare la nozione fornita dal bollettino ufficiale della SIAE n. 66 del 1994, secondo cui “l’opera deve presentare, come elementi qualificanti, articolazioni sequenziali e tematiche, costituite da un titolo, un canovaccio o una struttura narrativa di base, un apparato scenico e personaggi fissi, così realizzando una struttura esplicativa ripetibile del programma”.
Sulla base di tale indirizzo, la Corte ha riaffermato l’importanza dell’estrinsecazione dell’idea alla base del format in una struttura programmatica dotata di un grado minimo di elaborazione creativa, che si esplichi nell’individuazione iniziale almeno degli elementi strutturali della vicenda – quali l’ambientazione nel tempo e nello spazio, i personaggi principali, il loro carattere ed il filo conduttore della narrazione – in mancanza dei quali il format non possa assurgere al rango di opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore.
Dunque, la Corte ha fornito la propria nozione di format televisivo, ossia “uno schema di programma, un canovaccio delineato nei suoi tratti essenziali, generalmente destinato ad una produzione televisiva seriale, come risultante da una sintetica descrizione”.
In secondo luogo, la Cassazione si è pronunciata in merito al contratto di appalto che sarebbe intercorso tra le parti in causa, escludendo l’applicabilità dell’art. 110 L.d.a. che richiede la forma scritta ad probationem. Nel contratto d’appalto, al pari del contratto di prestazione d’opera intellettuale, non si configura infatti un trasferimento dei diritti di utilizzazione economica dell’opera, i quali sorgono direttamente in capo al committente, per cui non essendoci un trasferimento di diritti non vi è la necessità della forma scritta.
Tuttavia, nel caso di specie è stata ritenuta legittima la decisione della Corte d’appello di non ammettere la prova testimoniale sul contratto di appalto in quanto dai capitoli di prova richiesti non risultava comunque alcun riferimento ad un contratto di appalto per cui non sarebbe cambiato l’esito del giudizio.
La pronuncia in commento, conferma dunque che ai fini dell’applicabilità della tutela autorale ad un format televisivo ciò che rileva è la struttura dello stesso che, oltre ad avere carattere creativo, deve presentare un sufficiente grado di compiutezza espressiva. La Corte ribadisce infatti il principio per cui nella legge sul diritto d’autore non trovano protezione le mere idee, ma soltanto la loro forma espressiva.