L’Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA) è un accordo commerciale plurilaterale volto ad armonizzare la esistente normativa internazionale in tema di diritto industriale ed a individuare uno standard unico di misure da applicare in questo ambito per tutti i paesi firmatari.
Sin dai lavori preparatori iniziati nel 2007 contro l’accordo sono state mosse accese critiche, poiché oggetto di negoziati riservati fra gli Stati e ritenuto lesivo dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini.
La principale contestazione riguarda l’articolo 27: agli stati viene richiesto di promuovere sforzi di collaborazione con le imprese per affrontare in modo appropriato il problema della violazione della proprietà intellettuale. Ai governi nazionali verrebbe così riconosciuta la facoltà di ordinare ai fornitori di servizi online di comunicare i dati personali di chi ha effettuato una presunta violazione al copyright, quando ne viene presentata denuncia, senza necessità di un ordine dell’autorità giudiziaria.
L’ACTA è stato firmato da Australia, Canada, Giappone, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Corea del Sud e Stati Uniti.
Lo scorso 26 gennaio è stato sottoscritto anche da 22 dei 27 Stati membri dell’Unione europea, tra cui l’Italia. Il Parlamento europeo è stato chiamato a ratificare l’accordo l’11 giugno 2012, e senza tale approvazione il trattato non potrà entrare in vigore nel territorio dell’Unione.
Alla luce della mobilitazione internazionale che il testo ad oggi adottato ha suscitato, comprese le dimissioni del relatore comunitario del dossier, l’europarlamentare francese Kader Arif che ha denunciato i pessimi contenuti dell’accordo, l’Unione Europea ha fatto un passo indietro.
Il commissario U.E. Karel de Gutch ha quindi deciso di sottoporre al vaglio della Corte di Giustizia U.E. il trattato, affinché valuti la “compatibilità dell’Acta con i diritti fondamentali U.E., come la libertà di espressione, di informazione o di protezione”.
La ratifica parlamentare è pertanto sospesa fino alla decisione della Corte.