Lo slogan è un’opera d’arte

La Corte di Cassazione (sent. 12.10.2017 n. 24062) ha stabilito che anche uno spot semplice può costituire opera protetta dalla legge sul diritto d’autore e come tale essere protetto.

Il messaggio pubblicitario oggetto di giudizio era a dire il vero piuttosto originale. Si trattava dell’immagine di una persona dalla cui testa fuoriuscivano una serie di oggetti e quindi il motto «Vuoi fare di testa tua? Il Fai da te fa per te».

La sentenza affronta due temi, entrambi significativi nella delicata materia dei rapporti tra committente ed autore di un’opera creativa.

Il punto riguarda, appunto, la protezione che può essere accordata a tale tipo di messaggio e sembra condividere quanto già sostenuto dalla Corte di Appello, ovvero che il messaggio possa essere pienamente tutelato.

La Corte non entra nel merito del giudizio concreto sul punto essendo detta valutazione rimessa ai giudici di merito, però afferma che nella sentenza impugnata non vi sono motivi di contraddizione e che la stessa riprende il principio per cui

«la creatività e l’originalità sussistono anche quando l’opera sia composta da idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell’opera stessa, purché formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti».

Detti requisiti sembrano quindi presenti nel caso di specie.

Altro aspetto rilevante riguarda i rapporti tra committente ed agenzia pubblicitaria.

In questo caso il messaggio pubblicitario era stato commissionato ad un’agenzia che lo aveva realizzato ed aveva incassato un compenso per tale suo lavoro.

Tra le parti non era però intercorso alcun contratto che specificasse quali fossero i diritti conseguenti anche se in un preventivo era stato aggiunto che lo spot era utilizzabile anche per altri mezzi pubblicitari.

Sulla base di detto preventivo il committente riteneva di avere pieno titolo di utilizzare, anche per fini ulteriori e diversi rispetto a quelli originariamente previsti, lo spot realizzato in virtù del contratto d’opera.

Sul punto la Cassazione è stata invece tranciate  nel negare questa possibilità. La Corte ha infatti stabilito che la cessione avrebbe dovuto essere espressamente pattuita e ricompensata, oltre che risultare da atto scritto ai sensi dell’art. 110 L.A.:

«E’ sufficiente osservare, al riguardo, che la Corte territoriale ha osservato come dagli atti di causa non risultava fosse stato pattuito alcun corrispettivo per la cessione, da parte di PAC, del diritto di sfruttamento dell’idea creativa, una volta venuto meno il rapporto di agenzia e che, dunque, i compensi previsti remuneravano l’attività professionale prestata da PAC senza alcuna rinuncia ai diritti di questa sull’oggetto della propria creazione; inoltre, è aggiunto, mancava nella fattispecie la forma scritta prevista per la cessione del diritto patrimoniale d’autore.»

La sentenza nuovamente ricorda l’importanza di impostare contratti scritti con le agenzie pubblicitarie, ma anche con i grafici e con tutti i creativi in modo da chiarire fin da subito a chi spettino i diritti sull’opera creata, se pure nell’ambito di un contratto di commissione d’opera.