Senza valore artistico, un oggetto dell’industrial design non è un’opera autorale

La sentenza della Suprema Corte dell’1 Agosto 2022 n. 302 conferma quanto dalla medesima espresso in precedenti pronunce (Cass. civ., sez. I, n. 23292 del 2015 e Cass. civ., sez. I, n. 7477 del 2017), in merito alla tutela autoriale di un bene destinato alla produzione seriale.

Un prodotto dell’industrial design può infatti accedere, quale opera dell’ingegno, alla protezione autorale prevista dalla L. del 22 aprile 1941 n. 633 (Legge Autore) se ha valore artistico oltre che carattere creativo.

Conseguentemente, l’autore dell’opera può essere riconosciuto titolare dei relativi diritti morali diretti ad assicurargli la paternità sull’opera da lui creata e a difenderla da ogni tentativo di terzi di alterarne la forma e il contenuto. Del pari, in capo all’autore si costituiscono i diritti di natura patrimoniale rappresentati e tutelati dalla succitata normativa come quelli alla riproduzione, promozione, commercializzazione ed elaborazione.

La creatività, in un prodotto dell’industrial design, può essere più facilmente accertata, non dovendo coincidere con il concetto di originalità e novità assoluta bensì con la nozione di creatività soggettiva che ciascun autore spende creando un prodotto che sia una sua personale ed individuale espressione. Viceversa, il valore artistico del prodotto deve essere misurato utilizzando indicatori di tipo oggettivo che peraltro, i giudici sia di merito e sia di legittimità applicano interpretandoli in modo rigoroso.

In mancanza di una definizione omnicomprensiva di valore artistico, la natura artistica o meno per un oggetto dell’industrial design si desume dal riconoscimento che il medesimo riceve da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, che consentono di attribuire ad un oggetto un valore e un significato che trascende da quello della sua stretta funzionalità e della mera eleganza e gradevolezza delle forme.

Fra gli indicatori/parametri che evidenziano tale riconoscimento vi sono:

  • (i) l’esposizione dell’oggetto di design in mostra e/o in musei,
  • (ii) la pubblicazione dell’oggetto stesso su riviste specializzate non a carattere commerciale;
  • (iii) la partecipazione dell’oggetto a manifestazioni artistiche;
  • (iv) l’attribuzione al suo autore e alla sua opera di design di premi;
  • (v) gli articoli di critici esperti del settore dedicati all’oggetto di design

La Cassazione, nelle sue pronunce, se da un lato afferma che per l’attribuzione del connotato di artisticità dell’oggetto di industrial design i succitati indicatori non devono essere concretamente tutti presenti nel singolo caso esaminato, dall’altro lato conclude per un’interpretazione di tali parametri con un rigore che è tale da limitare fortemente la casistica degli oggetti del disegno industriale protetti come opere autorali.

Il caso, di cui alla sentenza in esame, verte sul riconoscimento o meno del valore di artisticità di una collezione di collane commercializzata inizialmente al dettaglio e successivamente all’ingrosso.

Tale sentenza è esemplificativa del ragionamento seguito dai giudici di legittimità per escludere il connotato di artisticità di tali collane oltre a quello di creatività.

Nonostante la collezione di collane fosse stata registrata come opera creativa, nel Registro delle opere tutelate dalla normativa sul diritto di autore esistente presso il Mibact, i giudici di legittimità ne hanno escluso la natura creativa. Non solo, ma la Corte di Cassazione, dopo avere affermato il principio di diritto che anche i beni dell’industrial design possono essere connotati da artisticità e dunque godere della tutela come opere autorali, ha concluso che questa collezione non avesse rilevanza artistica seguendo una disamina e conseguente interpretazione dei richiamati indicatori alquanto rigorosa, forse anche un po’ troppo.

 

Maria Luisa Milanesi