I diritti digitali sopravvivono alla morte

Con Ordinanza del 10/02/2022, il Tribunale di Roma ha ordinato a Apple di consegnare alla vedova di un utente le credenziali di accesso all’account del marito defunto, affermando che i diritti riferiti a dati personali di persone decedute possono essere esercitati da soggetti portatori di interessi familiari meritevoli di tutela.

La vicenda riguardava la richiesta di una donna di ottenere l’assistenza necessaria a recuperare i dati associati all’account del marito deceduto. La donna riferiva che l’uomo era venuto a mancare improvvisamente – lasciando due figlie di 3 e 5 anni – e che sul suo iCloud erano conservate fotografie e video dal profondo contenuto affettivo.

Non conoscendo le credenziali di accesso all’account, la donna aveva provato a chiedere assistenza a Apple, senza però avere successo. Infatti, pur mostrandosi disponibile a cooperare, il colosso statunitense precisava che le proprie condizioni contrattuali vietano l’accesso agli account di utenti defunti in assenza di un provvedimento giudiziale.

A quel punto, la donna è stata costretta a proporre un ricorso in via di urgenza, ex art. 700 c.p.c.

In particolare, l’urgenza era dovuta al rischio di perdita irreversibile dei dati conservati sull’iCloud del defunto, perché i sistemi Apple, dopo un periodo di inattività di circa 6 mesi, disattivano automaticamente gli account distruggendo i dati ad essi associati.

Inoltre, a fondamento della propria domanda, la donna invocava l’art. 2-terdecies, comma 1, del D.Lgs. 101/2018, in base al quale i diritti “riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.” Il Giudice ha accolto la domanda della donna, ricordando come nel Considerando n. 27 del GDPR sia espressamente precisato che il Regolamento sulla protezione dei dati personali (2016/679) non si applica ai dati delle persone decedute. Inoltre, nel caso in esame, il Giudice ha ritenuto che l’interesse familiare meritevole di protezione fosse rappresentato proprio dalla necessità di recuperare immagini e filmati di famiglia, destinati a rafforzare la memoria del padre e a beneficio delle due figlie in tenera età.

Per tali motivi, è stato ordinato ad Apple di prestare alla donna tutta l’assistenza necessaria a recuperare i dati associati all’account del defunto, anche mediante la consegna delle relative credenziali di accesso.

Infine, il Giudice ha precisato che l’accesso ai dati non può nemmeno ritenersi precluso in forza della mera accettazione delle condizioni generali di Apple al momento dell’acquisto di un dispositivo mobile. Infatti, al fine di rendere inaccessibili i propri dati dopo il decesso, l’utente dovrebbe vietarlo espressamente e comunicare il proprio divieto in forma scritta al titolare del trattamento. Solo così sarebbe possibile escludere l’applicabilità dell’art. 2 terdecies comma 1.  È la stessa norma, al comma 3, a prevedere che tale divieto debba essere manifestato in modo espresso e inequivocabile: questo perché il legislatore ha voluto garantire che l’interessato passa avere piena consapevolezza della propria scelta e, dunque, ha previsto che la volontà di vietare l’esercizio dei diritti digitali dopo il decesso debba essere espresso in maniera libera, informata e specifica.

Concludendo, il Giudice ha affermato che la mera adesione alle condizioni generali predisposte dal gestore del servizio non è idonea a soddisfare i requisiti formali e sostanziali previsti dalla norma citata, soprattutto tenuto conto del fatto che si tratta di pratiche negoziali che non valorizzano l’autonomia delle scelte degli utenti.

 

Ilaria Feriti