Il titolare dei diritti su un algoritmo può opporsi all’accesso agli atti

Il Consiglio di Stato, con sentenza del 13.12.2019 n. 8472, ha affermato le legittimità per la pubblica amministrazione di utilizzare algoritmi per processi amministrativi ed in particolare per la selezione nei concorsi.

Nel caso esaminato, in cui alcuni partecipanti lamentavano di essere stati erroneamente discriminati, il Consiglio di Stato ha legittimato l’uso degli algoritmi facendo riferimento ad una vera e propria rivoluzione 4.0 nell’amministrazione pubblica.

L’uso delle tecnologie deve però tenere in considerazione tre principi:

  1. La conoscibilità dell’esistenza dei processi decisionali automatizzati, anche ai fini del Reg. 2006/679, e la possibilità di ricevere “informazioni significative sulla logica utilizzata”;
  2. La non esclusività della decisione algoritmica, per cui deve esserci un intervento umano in grado di controllare e validare la decisione, modello noto come HITL, human in the loop per cui è necessario che la macchina interagisca con l’essere umano;
  3. Non discriminazione algoritmica, per cui le procedure matematiche sottese al software devono consentire di rettificare i dati per non creare discriminazioni.

Consiglio di Stato ha quindi stabilito che nel caso sottoposto alla sua attenzione l’algoritmo non era stato utilizzato in modo conforme ai suddetti principi e che «l’impossibilità di comprendere le modalità attraverso le quali il citato algoritmo siano stati assegnati i posti disponibili costituisce di per sé un vizio tale da inficiare la procedura».

A pochi mesi di distanza il Consiglio di Stato è chiamato a decidere se sia legittimo negare l’accesso agli atti amministrativi per potere prendere conoscenza dell’algoritmo di un software.

Detta possibilità era stata negata ed il Consiglio di Stato, pur non assumendo una decisione nel merito, ha ribadito che il titolare dell’algoritmo può opporsi a tale accesso e che è “cointeressato” nel procedimento amministrativo.

Nella sentenza del 02.01.2020 n. 30 si legge che il titolare dei diritti sul codice sorgente di un programma è “cointeressato” «al procedimento di richiesta di accesso all’algoritmo, in quanto dall’accoglimento dell’istanza di accesso subirebbe un pregiudizio nella propria sfera giuridica. Infatti il titolare di dati personali o di segreti commerciali o tecnici suscettibili di essere disvelati dall’accesso agli atti ha un interesse uguale e contrario a quello azionato da chi pretende la pubblicità».

Il Consiglio di Stato riprende la definizione di algoritmo già data in un precedente caso (sentenza n. 2270/19) come “sequenza ordinata di operazioni di calcolo attraverso cui opera il programma” ed afferma che “si è, quindi, in presenza di una regola tecnica, frutto dell’attività creativa del programmatore, non nota e comunque non facilmente accessibile agli esperti ed agli operatori del settore, protetta dal suo titolare e suscettibile di valutazione economica”.

A prescindere dal fatto che l’algoritmo possa considerarsi o meno un documento amministrativo, il Giudice afferma che «il titolare dell’algoritmo oggetto dell’istanza di accesso, si configura come parte controinteressata all’ostensione, potendo subire dall’esibizione del documento richiesto una compromissione del diritto alla riservatezza sui prodotti segreti frutto della propria attività creativa.»

Nel caso di specie viene quindi ravvisato un vizio procedurale derivante dalla mancata notificazione del ricorso anche alla parte controinteressata.

Il Consiglio di Stato non si è espresso invece su quale sia l’interesse prevalente tra l’obbligo di trasparenza ed il diritto alla tutela dei propri segreti industriali.