Marchi comunitari: non rilevano ora e minuti del deposito, ma soltanto la data

Avvocato Generale UE, causa C–190/10 – conclusioni del 31.03.2011

Ai fini dell’individuazione del momento di deposito di un marchio comunitario, non rilevano anche l’ora ed il minuto, ma soltanto giorno, mese ed anno.

Queste le conclusioni dell’Avvocato Generale UE, depositate lo scorso 31 marzo, chiamato a dirimere una controversia riguardante l’ordine di precedenza di domande di marchio nazionale e di marchio comunitario depositate lo stesso giorno.

La società spagnola Genesis presentava in via elettronica presso l’UAMI due domande di registrazione di marchi comunitari.

Lo stesso giorno, ma nel pomeriggio, una diversa società iberica registrava presso l’OEPM, l’ufficio marchi e brevetti spagnolo, un segno identico come marchio, per la stessa classe di classificazione.

La Genesis si opponeva a tale registrazione nazionale, contestando la priorità del proprio deposito, avvenuto nella mattina.

Tuttavia i giudici di primo e secondo grado non hanno ritenuto i marchi invocati prioritari rispetto a quello richiesto, considerando come data di deposito non quella dell’invio della registrazione in forma telematica, ma quella relativa alla produzione effettiva di tutta la documentazione cartacea presso l’UAMI.

La società impugnava tali decisioni presso il Tribunale Supremo, sostenendo come la normativa comunitaria individui quale data di deposito quella in cui la domanda di registrazione sia stata trasmessa in via telematica, e contestando quindi la violazione del proprio diritto di priorità.

La questione è stata sottoposta in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dal Tribunale Supremo spagnolo. Infatti, mentre il regolamento comunitario in materia (n. 40/94) non stabilisce un ordine di precedenza di domande presentate lo stesso giorno, la normativa interna accorda una preferenza in funzione dell’ora e del minuto del deposito.

In primo luogo, l’Avvocato evidenzia come il regolamento comunitario preveda che la data di presentazione elettronica della domanda di marchio comunitario, se corredata di tutti i documenti richiesti e dal pagamento della relativa tassa entro un mese, debba essere considerata data di deposito.

Se, invece, alla presentazione della domanda in via elettronica non si accompagni il concomitante deposito dei documenti richiesti, la data presa in considerazione sarà quella in cui tali documenti sono stati effettivamente depositati.

L’Avvocato Generale continua ricordando come la tutela dei marchi all’interno dell’Unione sia caratterizzata dalla coesistenza di più regimi, nazionale e comunitario, che possono portare, in casi eccezionali, all’esistenza di registrazioni concorrenti ugualmente valide.

Il diritto comunitario in materia di marchi, che ha istituito una disciplina uniforme applicabile su tutto il territorio dell’Unione, non si sostituisce, infatti, al regime interno degli Stati membri.

Quindi, le soluzioni giuridiche adottate dal diritto nazionale non possono essere vagliate ai fini dell’interpretazione dei marchi comunitari, se non per quelle questioni non rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento n. 40/94.

Di conseguenza, stante il richiamo della disciplina comunitaria alla sola “data”, nonché la presenza di ben 4 fusi orari all’interno dell’Unione, è esclusa per i marchi comunitari la possibilità di prendere in considerazione anche l’ora ed il minuto del deposito.

Una diversa interpretazione sarebbe possibile soltanto a seguito dell’introduzione di un sistema orario universale tale da consentire la completa armonizzazione dei sistemi dei tempi legali degli Stati membri. Ma l’introduzione di un tale sistema dovrebbe essere prevista dalla normativa dell’Unione e degli Stati, non potendosi certo derivare dalla giurisprudenza.

Se quindi il giudice del rinvio dovesse riconoscere che le domande in questione sono state presentate lo stesso giorno, non rilevando ora e minuti, si porrebbe il problema della coesistenza del marchio comunitario con quello nazionale.

In tale ipotesi, l’Avvocato auspica la stipulazione tra le parti di accordi di coesistenza, allo scopo di prevenire conflitti, nonché l’applicazione di soluzioni specifiche previste dagli ordinamenti nazionali, quali il principio dell’uso simultaneo in buona fede.