Non è registrabile come marchio il volto di una donna, se non ha acquistato un carattere distintivo

L’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà intellettuale  – EUIPO – ha recentemente respinto la domanda di registrazione come marchio UE di un segno consistente nella raffigurazione fotografica del volto di una donna (nello specifico, del volto di una modella olandese), e rivendicante le classi 35 e 41 così specificate:

  • Classe 35: servizi di manichini e fotomodelli per pubblicità o promozione delle vendite.
  • Classe 41: servizi di manichini e fotomodelli per scopi rilassanti o ricreativi.

La mancanza di Carattere Distintivo Intrinseco

La domanda di marchio, infatti, è stata ritenuta priva di carattere distintivo intrinseco.

Sul punto, l’Ufficio stabilisce preliminarmente che un marchio può essere rifiutato se privo di carattere distintivo (articolo 7, par. 1, lett. b) RMUE).

La mancanza di carattere distintivo implica che il segno è inidoneo a svolgere la funzione essenziale di un segno: quella di creare un collegamento tra il prodotto/servizio offerto e l’origine imprenditoriale che ne sta alla base. In altre parole, il marchio, per poter essere registrato, deve consentire al consumatore (senza effettuare ricerche analitiche o comparative e senza prestare particolare attenzione) di distinguere un certo bene/servizio da quelli delle altre società operanti nello stesso settore merceologico. In mancanza di tale requisito, il segno è privo di capacità distintiva e non può essere registrato.

Nel caso di specie, per valutare la presenza o meno del carattere distintivo, è necessario valutare se la rappresentazione del volto di una donna possa di per sé influenzare la memoria del pubblico di riferimento e creare un collegamento con l’origine imprenditoriale che sta alla base del servizio offerto, nonché se il modo in cui è raffigurato mostri caratteristiche speciali che possano indicarne l’origine.

Il richiedente ha supportato la propria tesi affermando che l’immagine della donna è una rappresentazione unica (in quanto non esistono altri esseri viventi con tali caratteristiche). Tuttavia, tale “unicità” non è sufficiente a conferire carattere distintivo al marchio richiesto. Infatti, se è certamente indubbio che ogni individuo è in linea di principio unico, riconoscere una persona come “quella determinata” persona non equivale a considerare l’immagine in questione come un indicatore di origine commerciale.

“Unicità” e “distintività”, infatti, sono due concetti diversi, in quanto per “unicità” si intende lo stato o la qualità di essere unico e irripetibile, mentre la “distintività” è quando un certo elemento distingue qualcosa da qualcos’altro. Ovviamente, possono esservi, in un volto, caratteristiche dominanti o sorprendenti (si pensi ad un naso particolare, o ad un particolare colore di capelli) che potrebbero essere prese in considerazione per determinarne il carattere distintivo.

Tuttavia, l’Ufficio ritiene che l’immagine in esame non presenti alcuna caratteristica speciale che possa influenzare la memoria del consumatore al punto da poter distinguere i servizi offerti tramite tale segno da quelli degli altri. Il consumatore, in altre parole, vedrà semplicemente il volto di una qualsiasi donna, ma non necessariamente il volto di quella specifica modella oggetto della fotografia.

La mancanza di carattere distintivo acquisito a seguito dell’uso

In questo caso, l’unica via di uscita per ottenere la registrazione del segno, è quella di dimostrare che il ritratto ha acquisito capacità distintiva a seguito dell’uso in tutta l’Unione Europea. La valutazione deve tener conto, in particolare, di fattori quali la quota di mercato del marchio, l’intensità, la diffusione geografica, la durata dell’uso di tale marchio, l’entità delle spese pubblicitarie sostenute dall’azienda per il marchio, la percentuale di ambienti rilevanti che identificano il prodotto sulla base del marchio come proveniente da una determinata azienda, nonché le dichiarazioni delle Camere di Commercio e di altre associazioni di categoria.

Il fatto che il richiedente adduca che l’immagine si riferisca a una nota modella di fama internazionale, nota alle case di moda più rinomate ed influenti, non giustifica in alcun modo la conclusione per cui il pubblico di riferimento interpreti la sua immagine come un’indicazione di origine commerciale.

Il richiedente non è quindi riuscito a dimostrare che il marchio oggetto di contestazione sia percepito dal pubblico come un riferimento diretto ai servizi del richiedente, neanche a seguito dell’uso. Conseguentemente, lo stesso non può essere registrato come marchio dell’Unione Europea.

 

Tania Giampieri