La Commissione di ricorso EUIPO, nella decisione datata 1 giugno 2023 resa nel caso R 2305/2022-2, ha escluso la registrabilità, come marchio europeo, del segno costituito da un emoji raffigurante il gesto di una mano, cosi confermando la decisione dell’esaminatore presso l’Ufficio europeo.
Emoji e carattere distintivo di un marchio europeo
La registrazione del segno in questione, richiesta per taluni servizi della Classe 36 (relativa, tra gli altri ai servizi immobiliari e finanziari) e della Classe 37 (relativa anche a servizi nel campo delle pulizie e dell’edilizia) veniva infatti integralmente respinta ex articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento sul marchio dell’Unione europea (RMUE) ai sensi del quale sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo.
L’esaminatore, in particolare, rilevava come il segno richiesto fosse un’illustrazione realistica di un gesto ben noto e riconosciuto a livello internazionale come “ti amo”, inidoneo, in quanto semplice pittogramma, a rimanere impresso nella mente del consumatore. Difatti, pittogrammi come emblemi o faccine, in linea con la giurisprudenza consolidata, sono generalmente utilizzati nella pubblicità e nella comunicazione privata per esprimere sentimenti positivi ragion per cui il consumatore li interpreterà come elementi puramente decorativi, inidonei a fungere da indicatori di origine.
Scopo dell’articolo 7 (1)(b) RMUE è infatti quello di garantire che il consumatore o l’utente finale possa distinguere un prodotto o un servizio da beni o servizi di diversa origine senza alcuna possibilità di confusione.
In questo caso, il segno di cui era richiesta la registrazione era troppo generico e utilizzato in una varietà tale da costituire unicamente un elemento decorativo o un messaggio pubblicitario generale, ragion per cui l’esaminatore ne respingeva la registrazione.
La decisione della Commissione EUIPO
La decisione veniva quindi impugnata di fronte alla Commissione EUIPO, chiedendo che venisse annullata nella sua interezza. Il ricorrente, tra le altre argomentazioni, sosteneva che il carattere distintivo di un segno dovesse essere valutato anche in riferimento ai servizi per i quali si richiedeva la registrazione, esame che l’Ufficio aveva omesso di effettuare.
La Commissione, tuttavia, condividendone le argomentazioni, confermava la decisione dell’esaminatore.
In particolare, veniva ribadito che tale segno fosse perlopiù utilizzato nella comunicazione, in genere positiva, e che pertanto non avrebbe potuto essere percepito come indicazione di origine.
Anche in relazione ai servizi contestati, pertanto, il consumatore lo avrebbe percepito perlopiù come un messaggio pubblicitario generico.
Si osservava poi che i pittogrammi (tra cui appunto rientrano gli emoji) sono infatti percepiti dal pubblico come un messaggio pubblicitario generale o come elementi puramente decorativi privi quindi di qualsiasi carattere distintivo anche in considerazione della forma geometrica semplice.
Nessuna capacità distintiva veniva quindi riconosciuta in capo al segno in questione neppure in sede di appello che, conseguentemente, veniva respinto.
Giulia Mugnaini